Hai visto Io sono l’amore di Luca Guadagnino? È un film del 2009 con Tilda Swinton, Alba Rohrwacher e Edoardo Gabbriellini che quando uscì raccolse un discreto successo e una serie di riconoscimenti, tra cui le nomination come Miglior film straniero al Golden Globe e al British Academy Film Awards. Ebbene, in questi strani mesi da cui ci apprestiamo finalmente a uscire mi sono ritrovata a rileggere libri già letti, a rivedere film già visti e, non ultimo, a visitare posti giù noti. Il primo di questi, non appena hanno aperto le gabbie, è stato Villa Necchi Campiglio, dimora storica edificata tra il 1932 e il 1935 su progetto di Piero Portaluppi, uno degli architetti italiani più famosi dell’epoca.

Villa Necchi Campiglio, conservata e gestita dal FAI (il Fondo Ambiente Italiano che dal 1975 opera per salvaguardare le testimonianze del patrimonio artistico e naturalistico italiano) cui fu donata nel 2001, fa parte del circuito delle “Case museo di Milano” e sono sicura che molte persone, milanesi in primis, non la conoscono ancora per cui oggi ho deciso di raccontare qualcosa che stuzzichi un po’ di curiosità, partendo dal film.

Villa Necchi Campiglio

Io sono l’amore di Luca Guadagnino

Io sono l’amore ruota attorno alle vicende dei membri della famiglia Recchi che tra agi e ipocrisie vive in una grande villa nel cuore di Milano. Superfluo a dirsi che la location scelta è proprio la villa dei Necchi Campiglio.

Tancredi Recchi (assonanza casuale?) è un esponente influente dell’alta borghesia lombarda ed è legato a Emma da un matrimonio senz’amore che gli ha dato tre figli: Elisabetta, Edoardo e Gianluca. I primi due sono sensibili e idealisti come la madre, mentre Gianluca, cinico e concreto, è più prossimo al padre. Queste le due fazioni su cui si tesse la trama del film consumata all’interno di una villa che congela e impedisce i movimenti del cuore, quantomeno fino all’ingresso in scena di un personaggio, l’amore, che con la sua creatività e il suo sorriso sovverte gli equilibri e i destini dell’intera famiglia.

Ora, il film va visto, non raccontato, ecco perché mi sono limitata a poche righe che non svelano nulla. Il mio intento è allertare la tua immaginazione sui personaggi, fittizi e reali, che hanno vissuto e animato Villa Necchi, sperando di invogliarti a visitarla, nulla più.

La famiglia

Siamo nella Milano del primo dopoguerra. La fine della nobiltà e l’avvento della modernità hanno portato alla ribalta i grandi industriali e gli imprenditori in cerca di affermazione sociale e consolidamento culturale. In questo contesto si inseriscono i committenti di quella che, per lusso e modernità, fu una delle residenze simbolo dell’epoca: Angelo Campiglio e le sorelle Necchi, Gigina e Nedda, figlie del proprietario di una grande fonderia di ghisa a Pavia.

Ti dicono qualcosa questi nomi? Forse si, forse no. Nel dubbio, te li presento.

Angelo Campiglio nasce sul lago di Monate, nel varesotto, ma trascorre l’infanzia e la giovinezza a Rosario, in Argentina. Si laurea in medicina, rientra in Italia e si stabilisce a Pavia, dove Cupido scocca la sua freccia colpendo lui e Gigina, la minore dei tre rampolli di famiglia Necchi. Dopo le nozze, Angelo accantona la carriera da medico ed entra nell’industria del suocero affiancando Vittorio, il figlio maggiore, che da lì a qualche anno inaugurerà la fabbrica di macchine da cucire celebre in tutto il mondo: il marchio Necchi. Nedda invece, un anno più grande di Gigina, vive ancorata al ricordo di un amore travolgente e sfortunato e non si sposerà mai, dividendo l’esistenza con i due coniugi. Qualcuno la definirebbe il terzo incomodo, per qualcun altro si tratterebbe di un ménage a trois fatto e finito. Non ho trovato gossip in merito per cui ampio spazio alla fantasia…

I tre sono appassionati di viaggi in Estremo Oriente, frequentano i salotti milanesi scossi dall’intraprendenza della nuova borghesia industriale, vanno a teatro vestiti all’ultima moda e partecipano a battute di caccia. Una sera d’inverno del 1931, rientrando a casa da uno spettacolo alla Scala, si perdono nella nebbia meneghina e fermata l’auto, intravedono gli alberi di un giardino dove campeggia la scritta “Vendesi”, seguita da un numero di telefono.

È amore a prima vista, anche se cieco, e qualche giorno dopo i Necchi Campiglio firmano con il conte Cicogna il contratto d’acquisto per l’appezzamento di terreno affacciato su via Mozart, cuore della Milano dei palazzi signorili, per trasferirsi in città. Affidano subito il progetto, senza limite di budget, a Piero Portaluppi, architetto di punta del tempo e autore di edifici importanti tra cui il sagrato del Duomo, la Casa degli Atellani in Corso Magenta e il Palazzo della Banca Commerciale Italiana, per capirne la portata.

alt="Le sorelle Necchi Campiglio"
Le sorelle Necchi

Villa Necchi

Nel 1935 il Portaluppi conclude la sua opera che rappresenta un unicum nel panorama residenziale milanese: una villa di campagna, con tanto di giardino, campo da tennis e piscina privata (la prima di tutta Milano), a pochi passi dal centro cittadino.

Geniale nel miscelare tradizione e art déco, l’architetto noto per aver ridisegnato l’assetto urbanistico della città da vita a una dimora elegante e confortevole che diventa il centro nevralgico dell’alta società, meneghina e non. Tra gli ospiti abituali di Villa Necchi, con una stanza dedicata, si annoverano il principe Enrico di Assia e la principessa Maria Gabriela di Savoia.

La casa risponde alla divisione tradizionale delle dimore nobiliari di quegli anni: il primo piano è destinato ai locali di rappresentanza e di ricevimento, il piano superiore alla dimensione intima con le stanze da letto sontuosamente arredate, nel sottotetto si trovano le stanze di servizio mentre gli alloggi della servitù e le sale da gioco, insieme agli spogliatoi e i bagni per la piscina, si ubicano nel seminterrato. Unica deroga la stanza della guardarobiera, persona di riferimento sia per la famiglia che per gli altri domestici e pertanto l’unico membro del personale di servizio a condividere il piano padronale, con una camera da letto privata e stanza da bagno accanto al guardaroba.

alt="Interni di Villa Necchi Campiglio"
Interno Villa Necchi

Lo stile del Portaluppi, moderno ed essenziale, non convince a pieno i due coniugi che sono ben più tradizionalisti dell’eccentrica Nedda, collezionista d’arte contemporanea, e nel secondo dopoguerra incaricano il designer Tommaso Buzzi di addolcire le linee sobrie e rigorose del maestro, inserendo drappeggi ed elementi settecenteschi.

Con l’originale mobilio Luigi XV, gli argenti inglesi del XIX secolo, gli arazzi di Bruxelles e gli oggetti di arte orientale in bronzo e porcellana, in un’armoniosa fusione di architettura e arti decorative, Villa Necchi Campiglio è un inno alla cultura, alla modernità e alla bellezza e visitarla oggi equivale a fare un viaggio nel lusso del tempo che fu. Un viaggio che ha inizio non appena si oltrepassa il cancello d’ingresso e si percorre il viale di ghiaia che attraversa il giardino fiorito e nonostante si tratti di un museo a tutti gli effetti, l’impressione che scaturisce passeggiando per le sue stanze è di trovarsi all’interno di una casa tuttora abitata.

alt="Camera dei coniugi di villa Necchi Campiglio"
La camera da letto dei coniugi

Le collezioni della casa-museo Necchi Campiglio

Villa Necchi ospita tre belle collezioni.

La prima è quella di Alighiera ed Emilietta de’ Micheli che donarono al FAI una mostra di oltre 130 capolavori del XVIII secolo, esposta nella Camera della Principessa.

La seconda, destinata al FAI nel 2008 dalla gallerista e storica d’arte Claudia Gian Ferrari, rappresenta un’antologia di scultura, pittura e grafica italiana del primo Novecento tra cui, giusto per fare qualche nome, Giacomo Balla e Umberto Boccioni, Giorgio de Chirico e Adolfo Wildt.

L’ultima, la più recente, che trova posto nella Camera del Principe, è quella di Guido Sforni con 21 opere su carta di Picasso, Matisse, Modigliani, Sironi, Fontana e Marussig.

Riassumendo in una frase. opere d’arte che vivono in un’opera d’arte.

alt="Arte a Villa Necchi Campiglio"
Arte a Villa Necchi

Per informazioni dettagliate su prezzi, orari e prenotazioni, consulta QUI il sito ufficiale.

La Globetrotter

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2 pensieri su “Villa Necchi Campiglio, gioiello art-déco della Milano anni Trenta

  1. Anna dice:

    villa molto bella, il film non lo ricordo
    A Milano ci sono tante cose belle da vedere, ciao buona giornata

    • Diana Facile dice:

      Si, c’è da dire questo! Milano ha tanto da vedere, anche se viverci a volte è impegnativo…

Commenti chiusi