Sulla costa del Kenya ci potrei scrivere un romanzo e magari, chi lo sa, un giorno lo farò anche, ma non è questo il luogo né il momento adatto per sollevare un polverone. Mi limiterò quindi a raccontare qualcosa dei giorni trascorsi tra la costa meridionale e la costa settentrionale e buttare giù qualche considerazione personale su una parte di Kenya che ha in sé tutto il potenziale per essere un paradiso e che la presenza dell’uomo – occidentale e non – mi ha fatto vivere come un inferno.
Tengo a sottolineare che non è stato facile decidere di scrivere questo post. Probabilmente molte persone mi giudicheranno cinica, insensibile, senza cuore. Magari chi è follemente innamorato del Kenya mi taccerà di non aver capito nulla di questo paese così straordinario. A qualcuno, indubbiamente, le mie considerazioni appariranno banali.
Che tu ci creda o no, quella più arrabbiata di tutti sono io che probabilmente ho perso l’ingenuità dei primi viaggi quando vedevo tutto rose e fiori e vagavo unicamente sull’onda delle emozioni. Sono arrabbiata con me stessa perché oggi non riesco più a tapparmi il naso quando sento puzza di cibo andato a male. Sono arrabbiata con me stessa perché il mio amore per l’Africa – intenso, benché diverso. da quello che nutro per l’America Latina – non è stato sufficiente a carpire e godere unicamente della sua bellezza. E mezzo romanzo direi che l’ho già scritto…
La costa del Kenya: da Mombasa a Diani Beach
Dopo i primi due giorni trascorsi a Mombasa ospite di una famiglia kenyota mi sposto a Diani Beach, sulla costa meridionale del Kenya. Una lunghissima spiaggia pressoché deserta di arena finissima costeggiata di palme e bagnata da acque dalle mille sfumature di blu.
Il paradiso, penso non appena la vedo. Il paradiso in terra. Peccato che al posto degli angeli ci siano i beach boys che rendono i miei tre giorni a Diani Beach un inferno facendomi preferire la piscina dell’ostello alla spiaggia idilliaca poco distante.
Probabilmente penserai che sono esagerata! Esagerata un par de palle, perdonami l’espressione! Io rispetto gli altri e sono la prima a cercare e a privilegiare il contatto con i locali, ma tutto ha un limite! I beach boys sono noiosi e appiccicosi come le mosche, e se non la pensi così probabilmente è perché non hai mai fatto un viaggio da sole da queste parti!
Ti confesso che prima di decidere di venire in Kenya non sapevo nemmeno che esistessero i beach boys! Se sei nella mia stessa situazione, riassumo il concetto con un aggettivo. Asfissianti!
Oltre a cercare di rifilarti tutti le stesse cose – tours, gadgets, droga, sesso, qualcuno c’ha provato anche con la madre morta! – intortandoti con le stesse storie raccontate con le stesse parole (la fantasia non è la loro prerogativa principale!), non ti mollano fino a quando non perdi i lumi della ragione! Insomma, io lavoro e risparmio tanti mesi per farmi un viaggio tranquillo e rilassato e sono costretta ad andare fuori di matto per riuscire a starmene per fatti miei? Ma stiamo scherzando?

Sia chiaro, non è la loro presenza sulle spiagge a infastidirmi, ma l’insistenza e la mancanza di rispetto nei confronti di chi, come me, non cerca altro che un momento di contemplazione in riva al mare!
Il primo giorno, presa dallo sfinimento, accetto l’invito di uno di loro a bere una birra! Ebbene, avresti dovuto vedere la sua faccia quando, seduti al bar con lui già bello arzillo che mi dichiara amore eterno mentre si appresta a ordinare il secondo giro, gli chiedo se ha i soldi per pagarsi le sue birre. Rimane di sasso e inizia ad arrampicarsi sugli specchi parlandomi di condivisione. Certo, rispondo io. Condividiamo la birra e condividiamo anche il conto, e sono generosa visto che mi hai invitata tu! Ci pensa un po’ su e poi preferisce chiudere lì la serata! Esilarante il momento in cui la cameriera mi presenta il conto – anche per lei è scontato che a pagare sia io! – e lui realizza finalmente che non sto scherzando e che, volente o nolente, gli tocca metterci del suo.
Non è per avarizia! Sono stata ben contenta, a Mombasa, di fare la spesa per la famiglia che mi ospitava sfamando, senza esagerare, tutto il circondario, ma sarò pur libera di decidere io come spendere i miei soldi e con chi? Non ti cerco, ti sopporto e devo anche pagare per la poco gradita compagnia? Ma mi hai presa per Babbo Natale?
Per farla breve, l’unico modo per toglierteli di torno è quello di diventare aggressiva. Solo allora si decidono a lasciarti in pace, anche se poi la pace dura a dir tanto pochi minuti perché via uno, se ne fa subito sotto un altro.
Ecco spiegato perché una spiaggia meravigliosa come Diani Beach è semideserta. Rarissime le persone stese al sole ad abbronzarsi, qualcuna in più la vedi passeggiare lungo la spiaggia con il codazzo al seguito. La maggior parte rimane chiusa in albergo, magari in piscina, e quel mare da sogno lo rimira dalla terrazza del resort! Viva la libertà… provare per credere!

Diretta a Malindi
Inutile dirti che dopo tre giorni così ho un diavolo per capello e decido di spostarmi sulla costa settentrionale del Kenya per vedere che aria tira da quelle parti.
Sul matatu tra Diani Beach e Likoni conosco una ragazza con cui scambio qualche parola. Finalmente, penso contenta, una che mi parla senza aspettarsi nulla in cambio. Dopo un quarto d’ora, giunte a destinazione, ci congediamo con la promessa che se mai tornerò a Diani Beach, la chiamerò. E qui inizia lo stalkeraggio. Smetto pure di contare le chiamate e i messaggi ricevuti nei giorni a seguire in cui mi chiede quando tornerò a trovarla. I miss you so much! Come ti può mancare qualcuno con cui hai scambiato a dir tanto qualche parola non lo so. Vada con i maschi che si cercano la mzungu di turno a cui regalare un po’ di piacere in cambio di qualche dono – e con me, s’è capito, non c’è trippa per gatti – ma le donne anche no!
Insomma, arrivo sulla costa del Kenya, quella settentrionale, mezza esaurita e ignara del fatto che il peggio deve ancora venire.
A Malindi sono ospite di Laura, un’italiana che quattro anni fa ha lasciato la sua comoda vita in Piemonte per trasferirsi in Kenya dove ha costruito un graziosissimo B&B a Mssoloni, un villaggio a pochi chilometri dalla città. Una donna pazzesca e una storia altrettanto pazzesca. Assolutamente da conoscere se si vuole vivere un’esperienza di vita intensa sulla costa del Kenya. Pensa che nell’attesa che fosse pronta la sua attuale dimora, ha vissuto per ben un anno in un villaggio di pescatori, totalmente immersa nella quotidianità kenyota. Mi ha portata nella casa in cui abitava e io, che mi adatto a tutto, non avrei resistito più di paio di giorni. Stima profonda.
Comunque sia, non appena la vedo le vomito addosso tutto il mio disagio e a quanto pare sfondo una porta aperta. Lei non mi dice nulla, mi ascolta sorridendo come per dire “benvenuta in Kenya mzungu”. Alla fine del mio sfogo si limita a consigliarmi di leggere un libro, Mali d’Africa, di una tale Sara Cardelli. Il libro, a mio modesto parere, è scritto con i piedi ma mette in piazza molte piaghe di questo paese che si palesano solo a chi lo vive veramente, come uno di loro. Piaghe che, senza falsa modestia, io avevo comunque subodorato. Viaggiare tanto servirà pure a qualcosa!
Trascorro dieci giorni sulla costa settentrionale del Kenya perennemente combattuta tra il desiderio di restare e quello di fuggire.
I paesaggi sono mozzafiato, i colori della terra e del bush strepitosi, le spiagge meravigliose, il safari allo Tsavo Est emozionante come poche cose nella vita, per non parlare del gioco di forme del Canyon di Marafa, del pittoresco mercato di Malindi e della splendida cerimonia religiosa nella chiesa di Mussoloni che mi riempie il cuore di gioia. Tutto questo, inutile negarlo, mi conquista. Purtroppo, però, quel che vedo oltre non mi consente di godere a pieno di questo paradiso.

Su questa parte di costa del Kenya ti senti ovunque fuorché in Africa. L’italiano è la seconda lingua imposta dalla presenza massiccia di connazionali che ne hanno fatto la loro residenza più o meno permanente. Fin qua poco male, non è l’unico luogo al mondo colonizzato da stranieri. Anche il Morro di Sao Paulo, in Brasile, altro non è che una colonia argentina. La cosa non mi aggrada, ma l’accetto.
Qui, più dei beach boys, sempre presenti e altrettanto fastidiosi – a turbarmi sono i bambini. I meravigliosi bambini africani che ti strappano il cuore e che quando ti vedono passare ti salutano in coro con un bel Ciao caramella. Ma ti pare che in un paese dove mangiano quotidianamente ugali – polenta a base di manioca – e poco più, ti vengano a chiedere le caramelle? Che poi a trent’anni sono tutti sdentati perché non hanno i soldi per curarsi! Mi spieghi cosa c’è di bello in tutto ciò? Perché io proprio non lo vedo! Non è la mia prima esperienza in questa parte di mondo, tra il 2006 e il 2010 ho visitato buona parte dell’Africa Occidentale e fatta eccezione per qualche località particolarmente turistica dove i bambini mi chiedevano le penne, non ricordo un tale livello di accattonaggio.
E non finisce qua! Non so a te, ma a me vedere vecchi e vecchie mzungu in compagnia di giovani che hanno l’età dei loro figli, quando non addirittura dei nipoti, fa un certo effetto. Nella migliore delle ipotesi ci innamoriamo della loro semplicità e ingenuità, ignari del fatto che loro puntano solo al nostro portafogli! E nella peggiore delle ipotesi, è superfluo dire qualunque cosa!!
Nel 2003, a Cuba, conobbi una bellissima ragazza poco più che ventenne che stava con un vecchio tedesco. La sera del mio arrivo coincideva con la partenza del suo innamorato e lei, carinamente, gli aveva organizzato una festa d’addio. Ebbene, davanti al fidanzato lacrime come se non ci fosse un domani ma non appena lo stolto le voltava le spalle mi strizzava l’occhio con un sospiro di sollievo. L’indomani, rimaste sole, in intimità, mi rivelò che l’unica ragione per cui stava con lui, e con molti altri, era quella di dare ai figli piccoli tutto ciò che con il suo stipendio da insegnante non poteva permettersi. Lo so, sono cose che si vedono in tanti paesi poveri, ma è qualcosa cui non riesco proprio ad abituarmi.
Ora, io mi chiedo, chi va colpevolizzato? Loro che ci vedono come bancomat ambulanti o noi che convinti di fare del bene, li priviamo della loro dignità? Diversamente mi spieghi come mai situazioni di questo tipo si vivono solo nei luoghi turistici e laddove invece i mzungu – nel caso di specie – sono mosche bianche, passano praticamente inosservati?
Torno in Africa dopo tanto tempo carica di amore e di aspettative e lascio la costa del Kenya con l’amaro in bocca e nemmeno troppa voglia di proseguire questo viaggio.

Una delle ultime conversazioni sull’argomento ce l’ho a Mayungu con Stella, un’altra italiana che vive in Kenya da quattordici anni e che ama profondamente questa terra. Le sue parole sono per me un soffio di speranza che mi spinge ad andare avanti fiduciosa nelle potenzialità di questo popolo e ti dirò, una settimana dopo l’inferno della costa del Kenya, a Kakamega Forest trovo il paradiso!
In questo posto, lo sento, lascerò un pezzo del mio cuore. E in questo posto, sicuramente, un giorno tornerò a cercarlo.
La Globetrotter
Sei stato in Kenya? Com’è stata la tua esperienza? Ti aspetto nei commenti.
Il 24 settembre 2020 è uscito il mio libro Sulle strade del Kenya. Una mzungu tra le contraddizioni dell’Africa, ispirato a questo viaggio ed edito da Alpine Studio. Lo trovi in libreria, sui principali portali di vendita online e su AMAZON.
Se cerchi spunti per organizzare un viaggio nella terra dei Masai, leggi il mio post KENYA: ITINERARIO E CONSIGLI UTILI PER UN VIAGGIO FAI DA TE, oppure clicca QUI per tutti i racconti on the road.
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Bello, bello e con tutto il tuo essere… Questo è vivere nello scrivere.
Grazie Norma, sei un amore!
Stessa esperienza in Tanzania. Paesaggi mozzafiato ma nel giro di tre settimane TUTTI quelli che ho conosciuto hanno finto amicizia per poi chiedermi soldi. Considerato che a Dar es Salaam ci hanno anche rapinati, credo che “tra paradiso e inferno ” sia proprio la frase giusta!
Accipocchia che jella! Peccato, posti cosi belli in cui si decide di metterci una pietra sopra…
Parere mio che non cambia nulla:
Lo definirei un racconto tra i tanti
Non aggiunge nulla di nuovo e per ciò lo trovo noioso
L’autrice pecca di presunzione pensando di portare aria fresca, ma altro non è che l’ennesimo racconto fotocopia che trovi in decine e decine di altri blog
Dal mio punto di vista buono per nessuno
Nemmeno per il turista neofito
Fuorviante,incompleto,assenza di conoscenze del posto e della gente
Mi fa piacere sentire una voce fuori dal coro Giuseppe, fortuna che ho un’autostima abbastanza alta… sentiamo, quali altri blog scrivono le stesse cose? Son curiosa
Decine e decine
E scrivete quasi (fortunatamente) tutti/e le stesse cose che denotano una palese superficialità nella conoscenza del paese,le sue dinamiche,il suo tessuto sociale
Non è una critica allo scritto in se, si fa leggere bene, ma al suo contenuto
Comunque sono Gianpaolo
Scusa per il lapsus… è facile dire decine e decine! Ti ho chiesto di citarmene qualcuno cosi mi vado a complimentare con l’autore che sicuramente ha più buon senso di te! Prima di parlare a vanvera dicendo che hanno commentato giusto due persone, peraltro mie amiche, fatti un giro sul mio profilo, la mia pagina e i gruppi in cui ho condiviso il post… eccetto il vostro ovviamente che non fa testo visto che siete i primi ad avere interesse nel mantenere le cose come stanno.
Vedi. Il problema è che i tuoi “sostenitori” sono persone che, come te, hanno sfiorato questo paese e non vissuto, e quindi non possono altro che condividere il tuo scritto superficiale come è giusto che sia. Ma ripeto: sono anni e anni che si leggono le stesse quattro note. Credo che un blogger a questo punto dovrebbe andare oltre allla semplice sterile cronaca dei fenomeni conosciuti da un paio di decenni sul paese. Dovrebbe andare a fondo eraccontare il perchè di tutto questo. Da dove nasce, il perchè ancora non si riesca a sradicare ecc ecc ecc ecc. Si chiama analisi. Queste mi interessano e trovo degne di essere prese in considerazioni. Tutto qui
Non sono un’analista né una.sociologa caro Gianpaolo, sono semplicemente una persona che ama.viaggiare e che senza pretesa alcuna di avere la verità in mano racconta le sue esperienze sul suo blog. Nessuno ti obbliga a leggermi se mi trovi noiosa e superficiale ne tanto meno a perdere tempo.connentando il mio post e riportando i tuoi commenti nel gruppo di mzungu a cui mi sono iscritta x avere un’informazione su come raggiungere Naivasha e sono riusciti a mandarmi fuori strada… Lala Salama
riesco quasi a vederlo quel fremito con cui hai scritto questo commento, pesando bene le parole per essere quanto piú efficace possibile. Non sopporto chi prova godimento a screditare il lavoro altrui, senza peraltro menzionare fonti o fatti. Chi o cosa ti dá il diritto di fare una critica così amara senza alcun intento costruttivo? Ce ne sono tante di persone come te in Italia. Non hanno molto da fare di norma e pontificano piuttosto che fare la cosa piú complicata, ovvero spiegare il proprio pensiero dando magari la possibilità all’autrice di riflettere ed eventualmente migliorarsi. Com’é che hai scritto in un tuo commento? Che ti piace l’analisi? E perché aspettarsi alcuna analisi quando sei il primo ad evitarla accuratamente?
Grazie Stefano, non credo che l’autore del commento si prenderà la briga di rispondere ma non si sa mai! Apprezzo molto il tuo intento di risvegliare la coscienza e il senso critico senza schierarti da nessuna parte! Buona giornata
Un resoconto lucido e sincero, mi ha fatto piacere leggerlo! La mia filosofia comunque è che tutto va visto con i propri occhi, quindi una recensione negativa, per così dire, non mi fa passare la voglia di visitare il Kenya, però sarà senz’altro utile a partire con consapevolezza. I commenti che avevo sentito finora (da turisti mi vien da dire, non da viaggiatori) era che questa terra è stupenda, per il mare e le altre amenità che offre… ma le tue parole sono senz’altro più costruttive.
Sono d’accordo con te! Il Kenya ha sicuramente tanto da offrire e tanta umanità soprattutto fuori dalle mete più battute! E quello che per me può essere negativo per te può essere l’opposto, e te lo auguro di cuore! Io ora sto vivendo una situazione da sogno con gente povera ma ricca dentro! Un’esperienza profondamente umana
Sono stato in Kenya due volte: Watamu nel 2009 e Diani nel 2010. In genere dopo una decina d’anni che si manca da un posto…qualcosa cambia. In genere…ma non lì, a quanto vedo. Effettivamente scendere in spiaggia diventa un’ossessione. Io non ero da solo quelle volte e mi toccava chiedere la grazia ai Beach Boys per poter fare solo una passeggiata lungomare in santa pace con chi era con me. Altri tre modi che trovai per godere un po’ meglio il viaggio furono questi: stare il più possibile in acqua e non in spiaggia (quando poi uno di loro mi seguì anche in mare fu clamoroso), farmi portare da un Tuc Tuc alla spiaggia di Garoda (allora era deserta e c’eravamo solo noi due + centinaia di granchi enormi mentre oggi c’è ovviamente un resort e temo tutto questo non si possa più fare) e chiedere in prestito la maglietta con scritto “STAFF” ad un inserviente di un villaggio che avevo conosciuto e che mi ha accompagnato nel suo villaggio di origine con la sua macchina in modo da farmi capire come fosse la vita vera del Kenya, e non quella costruita per i turisti. OVviamente non ero un membro dello staff e la cosa era chiara e palese essendo io bianco come una bottiglia di latte, però servì a far capire ai Beach Boys che non volevo essere importunato. Purtroppo questa è la realtà e, volenti o nolenti, bisogna starci o cambiare destinazione anche se a malincuore. Non posso far altro che condividere il post, ma anche aggiungere che non serve andare in Kenya per trovare falsità; l’Italia è colma di persone altrettanto bugiarde e che agiscono per solo interesse, solo che i Beach Boys lo fanno alla luce del sole mentre qui lo facciamo da serpenti colpendo alle spalle. A chi ha commentato paventando superficialità e cercando un’analisi approfondita sul fenomeno provo a dare una risposta secca e lapidaria: è semplicemente la natura umana che si scatena nel suo peggior lato in un paese povero quando ci si instaura di netto e senza un apparente motivo valido un’intera comunità estranea (a Watamu gli italiani ed a Diani gli inglesi in questo caso); benvenuto nel mondo. La superiorità pure è uno dei peggiori difetti che ci possano essere.
Giorgio… Che dire! Hai tutta la mia stima non solo per le idee geniali ma anche e soprattutto per le tue parole piene di senso! Purtroppo credo che sulla costa del Kenya la situazione non possa che degradare sempre di più ed è un peccato non solo x i luoghi stupendi ma anche per la gente che in fondo è meravigliosa e lontana da dell’inferno ti assicuro che è cosi, ma sono sicura che non faticherai a credermi…
Mi fa piacere vedere qualcuno dire con tutta sincerità quello ch’è la vita di un urista lungo la costa del Kenya. Io ci sono nato e vissuto per ben 35 anni e ci torno ogni anno ma ancora vedo che non cambieranno mai.
I muzungu sono sempre dei portafogli con due gambe, sfornano sempre storie strappa lacrime e veramente pochi capiscono quant’è bello il loro paese.
I beach boys??? Una massa di persone pronti a tutto pur di strapparti un dollaro. E non lo fanno per disperazione ma per professione.
Ormai passo le mie settimane nel bush e quei pochi giorni al mare mi guardo bene dal cadere nelle loro pietose storie strappalacrime.
Non ho capito il paese??? Lo capito e come…. l’ho nel sangue.
Brava Diana
Andy caro… grazie grazie e grazie! Sono stata attaccata e tacciata di superficialità x questo post dai mzungu che in Kenya hanno trovato il paese dei balocchi… io il vero kenya l ho trovato e me ne sono innamorata fuori da quel girone infernale… GRAZIE!
Eccomi Diana, letto ora il tuo scritto molto interessante….nuda e cruda verità, io cerco di nn viverle come te queste situazioni ma, ci sono eccome, tutti hanno frequentato la stessa scuola e vanno sempre peggiorando. Quello che scrivi in particolare sulle “coppie ” e quello che più mi urta, “noi” turisti affamati d’amore che alimentiamo questo mercato e davvero vomitevole. Anche se meno visibile anche a Zanzibar c’è un po’ di questo, più donne accecare d’amore x il Masai.
Sono d’accordo con te Virginia i turismo sessuale è.una cosa aberrante da parte nostra che sfruttiamo la.loro condizione e da parte loro che si prestano a tale gioco…
Ora, io mi chiedo… chi va colpevolizzato? Loro che ci vedono come bancomat ambulanti o noi che convinti di fare del bene li priviamo della loro dignità? Perché se così non fosse mi spiegate come mai situazioni di questo tipo si vivono solo nei luoghi turistici e laddove invece i mzungu – nel caso di specie – sono mosche bianche… passano praticamente inosservati?
ecco quando avrai trovato la risposta a questa domanda avrai capito tutto o quasi tutto. Il resto forse è un po’ banale ma solo perché avresti potuto scrivere le stesse cose per chissà quanti altri paesi. E’ sempre un piacere leggerti carissima;-)
Io direi di entrambi xké la colpa difficilmente sta da una sola parte… e si, lo so che avrei potuto scriverlo x molti altri paesi da cui fortunatamente finora mi sono tenuta alla larga… grazie, è un piacere anche per me, scrivere e leggerti!
non si può nascondere un elefante con un dito a meno che non ci si trovi a qualche centinaio di metri dal quadrupede… è un problema conosciuto ma che, se non me lo raccontavi tu, pensavo che in Kenya non esistesse… questo si chiama scrivere 😉 un abbraccio Diana 😉
Grazie Giga! Io ne ero più o meno consapevole quel che non sapevo era fino a che punto! Un abbraccio
Trovo Strano che non eri al corrente dell’insistenza dei beach boys sulle spiagge frequentate da occidentali ,un buon viaggiatore più o meno sa perfettamente i pro e i contro del viaggio che sta per fare ancor di più se hai un blog di viaggi che sembra diventato lo sport nazionale.Io quando parto se non mi succede veramente qualcosa di terribile conosco già i contro e mi godo i pro.
Cosa vuoi che ti dica Graziano, non sarò una buona viaggiatrice né tanto meno una brava blogger. O forse più semplicemente, a differenza tua, amo scoprire le cose personalmente, belle o brutte che siano, perché il viaggio è come la vita, pieno di cose belle e.brutte. E le scrivo pet chi, al contrario di me, ama invece partire infornato e godersi solo le cose belle
Grande Diana! Ammiro il tuo realismo e il tuo coraggio nel dire certe cose. A volte anche io rimpiango i primi viaggi…
Eh già, x molti versi si… sarebbe bello restare eternamente bambini ma si cresce, nella vita come nei viaggi! Anche se poi direi… per fortuna
Racconto da turista più che da viaggiatrice…
Non so neanche perchè lo abbia letto fino in fondo.
Ha ragione Gianpaolo.
Se viaggiare dovrebbe aprire la mente qualcosa in questo viaggio non ha funzionato…e non me la prenderei tanto con i ragazzini della spiaggia o con l’ingenuo spasimante.
Probabilmente sono state le tue aspettattive a tradirti, non il Kenya…
Ciao Marco, libero di pensarla come meglio credi! In effetti mi chiedo anche io perché sei arrivato fino in fondo visto che il post è abbastanza lungo! E non solo! Ti sei anche preso la briga di lasciare un commento… Che dire, grazie mille! Magari non l’hai trovato così poco interessante e magari, chi lo sa, rientri in quella categoria di persone che il Kenya l’hanno rovinato…
Per la cronaca, non parto mai con aspettative! Uganda e Rwanda sono un altro mondo! E’ proprio il Kenya ad avermi deluso, o meglio la gente…
“Torno in Africa dopo tanto tempo carica di amore e di aspettative e lascio la costa del Kenya con l’amaro in bocca e nemmeno troppa voglia di proseguire questo viaggio…”
Parole tue…
Hai ragione, grazie per l’appunto… ma erano aspettative generate dall’amore che si sa, a volte rende ciechi…
Amore per chi per il Kenya o per qualcuno Che poi ti ha tradito? Concordo con i ragazzi Che hanno lasciato questo commento quando si viaggia specie oggi si sanno benissimo pro.e contro prima di partire..non ti piacciono i beach bot e poi ci esci? Forse avevi aspettative diverse Che sono.state deluse…tutte le Donne vicino in Kenya per amore di un uomo e poi dopo quando la cosa va male ..allora scrivono di amore impossible
Mi gioco le palle che non ho che te ne sei sposato uno per parlare cosi… mi spiace che tu non abbia colto il senso di questo post Antonella e mi spiace deluderti ma i kenyoti non sono il mio tipo di uomo ideale x cui nessuna aspettativa delusa, quantomeno non in ambito sentimentale…
Fortuna che ho letto quest post solo adesso altrimenti non so come risposto.Posso capire chi non è d’accordo su quello che scrivi e sulle tue considerazioni ,sono d’accordo che a qualcuno non può piacere il tuo modo di scrivere( si trova altri/e blogger).Ma postare con maleducazione e scortesia e cosa non ammissibile alla quale non riesco a transigere.Cara DI continua così anche se la mamma degli imbecilli/e è sempre incinta
La mamma degli imbecilli è sempre incinta, la cosa più simpatica e vera che abbia sentito!
In effetti concordo con te, ok puoi non essere d’accordo con ciò che scrivo e le mie considerazioni, soprassiedo sul fatto che non ti piace come scrivo – per carità tutto è opinabile – ma almeno scrivo in italiano corretto… ma quello che mi aveva mandata in bestia all’epoca era la scorrettezza e le allusioni di alcune persone che mi auguro non passino più da queste parti…
Sei fantastico comunque! Quella della mamma mi ha fatto ridere un sacco…
ciao,ho scoperto il tuo sito da poco e voglio dirti che sono proprio d’accordo con te riguardo i beach boys…Certo, lo faranno per necessità,pensano che noi occidentali siamo tutti ricchi e che ci possano spremere qualche spicciolo ma sono troppo insistenti.Mi facevano passare la voglia di andare a fare il bagno.
Si sicuramente hanno le loro ragioni ma per me sono stati un incubo! Un besito
Grazie per il meraviglioso articolo Diana. Sono appena ritornata anche io dal Kenya e sono rimasta sconvolta dall’orrenda presenza dei beach boys: a me e alle persone con cui ho passato (per fortuna) solo due giorni a Watamu, hanno completamente rovinato la vacanza. Ci hanno detto che hanno detto che hanno taciti accordi con il governo, che quindi non ha alcun interesse a liberarsene, e ciò spiegherebbe tante cose. Mentre eravamo li, una persona del villaggio ci ha anche riferito che c’è stata una sparatoria tra un gruppo di beach boys armati e un turista che scappava e che la cosa sarebbe rimasta in sordina. Pubblicheremo un articolo anche noi, se hai piacere ti passerò il link per condividerlo. Io certamente condividerò il tuo. Il turismo del Kenya va salvato, è uno dei pochi introiti che possiede.
Cara Silvia, scusa il ritardo nella risposta ma abbiamo già comunicato su Linkedin. Purtroppo come ti ho già detto i beach boys sono una piaga per molti ma non per tutti e non credo sia così facile liberarsene ma concorso sul fatto che il turismo in Kenya va salvato anche perché è un paese spettacolare ed è giusto provare a divulgare il verbo. Passami pure il link, lo condividerò con estremo piacere.
Io ho risolto non parlando, nemmeno ciao, altrimenti sanno che sei italiano, li guardavo fingendo di non capire e non é venuto più nessuno
Hai fatto bene! Se mai tornassi da quelle parti seguirei il tuo esempio!!!