La fortezza di Masada, eretta da Erode il Grande in cima a una rocca che svetta a 400 metri di altezza sulle distese infuocate del Mar Morto, non è solo una delle principali attrattive turistiche di Israele. L’interesse maggiore lo riveste per gli ebrei che ne hanno fatto una meta di pellegrinaggio nonché il simbolo dell’ultima eroica resistenza contro i romani nel I secolo d.C.. Se ancora non conosci la storia di Masada, seguimi in questo viaggio a ritroso nel tempo che profuma di mito e leggenda…

Storia di Masada

La storia di Masada ha inizio nei primi anni del regno di Erode il Grande – re di Giudea sotto il protettorato romano dal 37 a.C. al 4 a.C. – che decide di edificare nel deserto una residenza fortificata per sé e la sua famiglia in grado di sopravvivere agli assedi.

A onor del vero, secondo Flavio Giuseppe, l’unica fonte sulla prima guerra giudaica che gli storici ritengono attendibile, Masada – da metzuda o mitzada che in ebraico significa fortezza – esisteva già ai tempi degli Asmonei ma è con Erode, amante delle costruzioni grandiose erette a suo nome, che diventa il gioiello di cui ancora oggi apprezziamo il valore.

Una costruzione inespugnabile sia per struttura che per modalità d’accesso – l’unico punto di passaggio era il sentiero del serpente, stretto, impervio e tortuoso – con tanto di magazzini in cui custodire le derrate alimentari, cisterne volte a raccogliere l’acqua piovana e poi affreschi, colonne, mosaici, ceramiche e decori a non finire. Un palazzo destinato a restare nella storia e a splendere a dispetto della sua posizione isolata.

Nel 66 d.C. – Erode è morto da tempo ma i romani continuano a governare – scoppia la prima guerra giudaica, una lotta lunga e sanguinosa conclusasi, tre anni dopo, con la conquista di Gerusalemme da parte degli oppressori che, non paghi, si dirigono a Masada per spegnere gli ultimi focolai di rivolta rivendicati dai Sicarii, la fazione più estremista degli Zeloti. Guidati dal condottiero e sommo sacerdote Eleazar Ben Yair, i Sicarii sostengono l’indipendenza politica del regno di Giudea e occupano la fortezza sottraendola al dominio romano.

Ed è così che ha inizio l’assedio di Masada da parte delle legioni romane a cui gli zeloti si oppongono drasticamente ma in silenzio. Sembra un paradosso ma non lo è. La storia di Masada è la storia del suicidio collettivo di quasi mille persone che settant’anni dopo la nascita di Cristo scelgono la morte all’oppressione.

alt="Storia di Masada, la fortezza del suicidio collettivo"
Masada, la fortezza del suicidio collettivo

Flavio Giuseppe, nell’opera La guerra giudaica, narra il come e il perché di un gesto così forte, oggi come allora.

Ma né Eleazar meditava di fuggire, né avrebbe permesso di farlo ad alcuno dei suoi. Vedendo il muro rovinato dal fuoco, non scorgendo più nessun’altra possibilità di scampo o di eroica resistenza, immaginandosi quello che i romani, una volta vincitori, avrebbero fatto a loro, ai figli e alle mogli, deliberò la morte per tutti.

In che modo i Sicarii affrontano la morte?

Ebbene, sempre secondo il racconto di Flavio Giuseppe, prima gli uomini uccidono le loro donne e i loro figli per sottrarli al tormento di cadere nelle mani dei nemici. Poi, tra lo strazio generale, dopo aver appiccato il fuoco a tutti i loro averi, estraggono a sorte dieci uomini che si occuperanno di eliminare i compagni. Senza nessun rimpianto, prendono posto accanto al corpo dei loro cari pronti a farsi tagliare la gola.

Infine i dieci rimasti in vita procedono a un nuovo sorteggio che decreterà l’eroe, colui che dovrà compiere il gesto più clamoroso. Ammazzare i compagni e se stesso. Chiamami vigliacca ma non so se una volta sola sarei capace di andare fino in fondo, diversamente da lui che dopo aver coperto con lo sguardo la distesa infinita di morti, appicca il fuoco alla reggia e conficcandosi la spada nel corpo cade a terra accanto ai suoi amati.

Quando i romani entrano nelle mura si trovano davanti al silenzio assoluto dei corpi senza vita. Non c’è posto per la rabbia, c’è posto solo per il rispetto, come ci narra ancora una volta Flavio Giuseppe.

Quando furono di fronte alla distesa dei cadaveri, ciò che provarono non fu l’esultanza di aver annientato il nemico, ma l’ammirazione per il nobile proposito e per il disprezzo della morte con cui tanta moltitudine l’aveva messo in atto.

Gran brutta storia direi.

alt="Storia di Masada: le rovine"
La storia di Masada si respira camminando tra le sue rovine

Come siamo venuti a conoscenza della storia di Masada?

Beh, pare che io non sia l’unica vigliacca della situazione. Quando i romani entrano a Masada avvolta dal silenzio iniziano a chiamare a gran voce e dal cumulo di corpi emergono due donne e cinque bambini che si erano nascosti nei cunicoli sotterranei dell’acqua potabile. È grazie a loro che oggi siamo al corrente della tragica storia di Masada, quanto meno quella mitica e leggendaria assunta dagli intellettuali sionisti a simbolo della forza d’animo del popolo ebraico. Gli archeologi sono tuttavia molto cauti al riguardo e vari studiosi negano la veridicità dei racconto di Flavio Giuseppe.

Comunque sia, che si tratti di mito o realtà, poco toglie alla bellezza indescrivibile del luogo.

Il paesaggio surreale che domina Masada, con le ostili montagne del deserto di Giudea da un lato e la distesa del Mar Morto dall’altro, è qualcosa che non si dimentica facilmente. E passeggiare tra le rovine dei palazzi eretti da Erode dopo essermi inebriata dei dolci colori del sol levante è stato senza dubbio uno dei momenti più intensi del mio viaggio in Israele.

alt="Vista panoramica da Masada"
Vista panoramica da Masada

Come visitare Masada: qualche consiglio utile

E ora passiamo a qualche informazione di carattere tecnico.

Sono quasi sicura – direi al 99% – che non esiste un modo per raggiungere Masada con i mezzi di trasporto pubblico. Chi viaggia in autonomia noleggia una macchina o partecipa, come me, a un tour in partenza dalla Città Santa o Tel Aviv.

Io ho scelto il tour delle tre del mattino in partenza da Gerusalemme per arrivare a Masada prima dell’alba. Una gran faticaccia ma ne è valsa decisamente la pena anche perché non so se sotto il sole sarei riuscita a percorrere lo Snake Path e avrei perso parecchio. Per raggiungere la fortezza bisogna camminare all’incirca cinquanta minuti – non dimenticare che si trova in quota – oppure si può optare per il teleferico che dovrebbe funzionare a partire dalle 08.00 di mattina. Oltre a Masada, il mio tour comprendeva uno stop alla Riserva Naturale di Ein Gedi e un paio d’ore di relax su una spiaggia del Mar Morto.

alt="L'alba a Masada"
Alba a Masada

È possibile accedere alla fortezza di Masada anche dal Sentiero della rampa romana che si trova sull’altro lato della montagna. Il nome è abbastanza eloquente, ma a scanso di equivoci sappi che si tratta della rampa costruita dai legionari romani per prendere d’assalto Masada. Se scegli il percorso alternativo rispetto a quello del Serpente che è il più battuto, il punto d’accesso più comodo è costituito dalla città di Arad. Una volta li, forse, vale la pena assistere anche allo spettacolo di suoni e luci con la suggestiva rievocazione della storia di Masada. È uno show per turisti ma so che c’è chi strippa per queste cose. Io non l’ho visto, ma ciò non significa che non sia piacevole o interessante.

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Assolutamente da non dimenticare scarpe comode, berretto in testa, occhiali da sole e una buona riserva d’acqua, non tanto per l’ascesa ma ricorda che siamo nel deserto e quando sorge il sole, si fa sentire con il suo caldo intenso e penetrante. E poi va beh, la voglia di perdersi nell’infinito cosmico che rende Masada un sogno ad occhi aperti…

La Globetrotter

P.S. Una curiosità… il dubbio di farla finita una volta rimasta sola ce l’ho solo io? Tu che avresti fatto?

Se cerchi spunti per organizzare un viaggio nella Terra Promessa, leggi il mio post ISRAELE: ITINERARIO E CONSIGLI UTILI PER UN VIAGGIO FAI DA TE, oppure clicca QUI per tutti i racconti on the road.

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4 pensieri su “Storia di Masada, la fortezza del suicidio collettivo

  1. Lauro dice:

    No, non sei l’unica a pensare che non si sarebbe uccisa alla fine, ma ti dirò di più: io avrei aspettato i romani. Non si sa mai, magari non mi avrebbero ucciso ma semplicemente usato come schiavo, sempre meglio che morire, eppoi finchè c’è vita c’è speranza.
    Bel racconto e utili istruzioni.
    Ciao.
    Lauro

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