Rudyard Kipling, grande scrittore e grande viaggiatore, nelle sue Letters from the East (1899) definì la Birmania come “quite unlike any land that one knows about”. Ora, fatta eccezione per l’India di cui ho avuto solo un assaggio nel 2009, non conosco affatto l’Asia per cui le parole di Kipling su di me calzano a pennello: un mondo, una religione e una cultura totalmente differenti dai paesi conosciuti finora! Fermo restando che dopo aver visitato una trentina di pagode non ne potevo più (ma sarebbe stata la stessa cosa se avessi visitato trenta chiese o trenta moschee!), il mio primo impatto con il culto buddhista in Birmania è stato proprio con la Shwedagon Pagoda di Yangon! Un colpo di fulmine!

Situata sulla collina di Singuttara e visibile un po’ dappertutto a Yangon, la Shwedagon Pagoda – da “shwe” che significa oro e “dagon” che è il nome storico dell’area in cui venne edificata – è il centro buddhista più importante e antico del Myanmar nonché uno dei più rilevanti di tutto il sudest asiatico.

alt="La Shwedagon Pagoda, il gioiello buddhista di Yangon (PhotoCredits @Giuseppe Russo)"
La Shwedagon Pagoda, il gioiello buddhista di Yangon (PhotoCredits @Giuseppe Russo)

Secondo la leggenda la Shwedagon Pagoda risalirebbe all’epoca di Gautama Buddha – approssimativamente 2.600 anni fa – che incontrò nel nord dell’India due fratelli birmani, Tapussa e Ballika, e gli consegnò otto dei suoi capelli da depositare sulla collina di Singuttara a Yangon. Al ritorno in patria i due fratelli si rivolsero al re Okkalapa che ordinò la costruzione della Shwedagon Pagoda per rendere omaggio al Buddha: al suo interno, oltre alle reliquie del Buddha storico (l’altro nome con cui viene chiamato Gautama) sono custoditi il filtro d’acqua di Konagamana, un pezzo dell’abito di Kassapa e il sostegno di Kakusandhai (tre dei Sette Buddha del Passato).

Gli archeologi, tuttavia, non danno credito alla leggenda e ritengono che la Shwedagon Pagoda sia stata costruita tra il VI e il X secolo d.C. dai mon.

Raggiungo la Shwedagon Pagoda sul calar della sera del mio primo giorno a Yangon e lo spettacolo che mi ritrovo davanti una volta dentro è di una bellezza disarmante. Un maestoso complesso religioso la cui punta di diamante è costituita dallo stupa interamente ricoperto d’oro e incastonato di diamanti e pietre preziose (zaffiri, topazi, rubini e smeraldi) che svetta a 98 metri d’altezza e domina il profilo della città.

Ho letto da qualche parte che la regina Shin Saw Bu, nel XV secolo, ordinò che venisse applicata allo stupa una quantità d’oro pari al proprio peso corporeo, inaugurando un rituale perpetuato da tutti i successivi sovrani dell’Impero. Pensate che, nel corso dei secoli, la Shwedagon Pagoda si arricchì complessivamente di 27 tonnellate di lamine d’oro!

A fare da vassalli allo stupa centrale una settantina di templi, santuari e sfilze di pellegrini che si recano a rendere omaggio alle reliquie dei Buddha offrendo fiori, denaro e versando acqua sulle immagini sacre. Un’atmosfera mistica e suggestiva quella che si respira al suo interno, specialmente al crepuscolo quando gli ultimi raggi di sole la rendono quasi incandescente.

Dentro la Shwedagon Pagoda perdo la cognizione del tempo, completamente assorbita dalla meravigliosa performance di cui sono spettatrice. La devozione dei pellegrini – che almeno una volta nella vita devono recarsi al luogo sacro – è tangibile, quasi palpabile.

I buddhisti credono che alcuni atti possano avere delle ripercussioni favorevoli sulla vita futura – racconta una voce in francese a un gruppo di turisti. Tendo l’orecchio. – Pulire la statua del Buddha il giorno del compleanno, ad esempio, è ritenuto di buon auspicio e ha conseguenze positive sul kharma.

Decisamente affascinante questa filosofia, penso allontanandomi. Conosco poco il buddhismo e avere una guida mi avrebbe dato  qualche input in più!

Le ore scivolano via troppo velocemente e quando mi accingo a uscire dalla Shwedagon Pagoda è buio pesto. Non paga, perdo circa un’ora di tempo cercando di recuperare le scarpe. Eh già, perché l’emozione di essere lì mi ha impedito di memorizzare la porta da cui sono entrata e trovare qualcuno che parli inglese non è proprio una passeggiata. Sono ormai rassegnata a rientrare scalza quando mi imbatto nella guida di lingua francese che mi tira fuori da questa situazione incresciosa.

Giungo alla guesthouse conscia del fatto che andrò a letto senza cena! I ristoranti chiudono presto da queste parti! Poco male… i monaci birmani non toccano cibo dopo le 11 del mattino, non morirò di fame se salto un pasto! E poi il mio spirito e tutti i miei sensi sono appagati dal misticismo che ho respirato alla Shwedagon Pagoda e i morsi della fame nemmeno li sento.

Faccio due chiacchiere con il gestore della guesthouse che per fortuna mastica un po’ d’inglese e mi rivela che la Shwedagon Pagoda, oltre a essere il punto di riferimento spirituale dei birmani, ha rivestito un ruolo importantissimo durante le manifestazioni di protesta contro il regime militare: fu qui che Aung San Suu Kyi radunò oltre un milione di persone per opporsi al regime – correva l’anno 1988 – e fu sempre qui che ebbe inizio il movimento anti-regime organizzato dai monaci buddhisti nel 2007. Insomma, come direbbe qualcuno… tanta roba!

Come visitare la Shwedagon Pagoda di Yangon (aggiornato giugno 2019)

La Shwedagon Pagoda di Yangon è aperta tutti i giorni dalle 04.00 alle 22.00. (fatta eccezione per il Waxing day of Tabaung  e il Waxing day of Wakhaung). Ultimo accesso consentito alle 21.45. Il biglietto d’ingresso per gli stranieri ammonta a 8 dollari.

Per accedere alla Shwedagon Pagoda è richiesto un abbigliamento sobrio (pantaloni o gonna sotto il ginocchio e maniche fino ai gomiti) ed è obbligatorio togliersi le scarpe! Eventualmente è possibile indossare delle borse di plastica che vengono distribuite all’ingresso in cambio di una donazione.

Ora, non tornerò in Italia convertita al buddhismo ma tornerò sicuramente con qualcosa in più!

Ulteriori informazioni sulla Shwedagon Pagoda di Yangon le trovate sul sito ufficiale.

La Globetrotter

E tu invece, che rapporto hai con le religioni? Lo so, è una domanda impegnativa, ma se ti sei preso il tempo di giungere fin qui credo che qualcosa da dire ce l’abbia anche tu. Ti aspetto nei commenti.

Hai trovato questo post piacevole o interessante? Lo condivideresti sui social per favore?

7 pensieri su “La Shwedagon Pagoda, il gioiello buddhista di Yangon

  1. rita dice:

    Un bellissimo viaggio, un bellissimo posto…tanta ostentazione di ricchezza, ma d’altronde anche in certe chiese occidentali non si scherza…. Il mio rapporto con la religione cattolica ( ero praticante e osservante, da quando mi ero riavvicinata alla fede nel lontano 1985….Mi sono “attaccata” a lei (alla fede) in un periodo di forti prove familiari , se non avessi avuto fede, forse oggi non sarei qui a raccontartelo, lei mi è stata fortemente di aiuto…..Ora da un anno sono nella inosservanza totale, per mie ragioni personali, ma credo, comunque nella eternità dell’anima, e nel ricongiungimento con le persone care che adoro, di questo ne sono assolutamente certa…. Un forte abbraccio Diana.

  2. antonella dice:

    La Birmania da quello che leggo è un posto magico e mistico, e mi piacerebbe molto andare.
    Ancora una volta mi ci hai portato tu in questo breve articolo, un piccolo assaggio certo, ma abbastanza. Quasi quasi mi sono persa con te alla ricerca delle scarpe prima di uscire….
    Di templi buddisti ne ho visitati molti in Thailandia, e devo dire che in alcuni posti non sono riuscita a respirare il misticismo del luogo, disturbata dalle centinaia di persone (tra turisti e fedeli) che mi impedivano di sentire l’intimità e la spiritualità del luogo. La stessa cosa mi è successa a Gerusalemme, al Santo Sepolcro, dove ho avuto l’impressione di essere quasi al “supermercato”, dove la mercificazione della religione era tangibile. Lo stesso succeed se vai a San Pietro a Roma…forse in tutti I grandi luoghi di culto è difficile connettersi a pieno con la spiritualità del luogo, o almeno lo è per me. Ho bisogno di luoghi raccolti, intimi. A volte poi l’immensità del creato e del divino al di sopra di noi la si percepisce davanti alla natura. Che dici tu Diana?

    • Diana dice:

      La penso come te Antonella! Credo che la spiritualità sia più facile incontrarla nei villaggi e nei luoghi raccolti, come dici tu… Nemmeno in India, fatta eccezione per Varanasi, sono riuscita a trovarla ed è stata per me una delusione!
      La Birmania è un bel paese ma… io ho avuto anche delle esperienze non proprio piacevoli! E le racconterò a breve… il mio consiglio è, se ci vuoi andare, di farlo quanto prima! Un paese che si apre al turismo dopo anni di isolamento si rovina molto più in fretta degli altri, quantomeno questa è stata la mia impressione!
      Un abbraccio

  3. Alfonso dice:

    Il mio rapporto con Lui? Semplicemente non è mai sbocciato, perché non lo so, o meglio lo so, forse mi sono rivolto a lui in un età sbagliata, in un momento sbagliato, dove mi sono sentito abbandonato, dove gli chiedevo di non portarsi via mio padre è lasciarmi in tenera età privo di guida. Scusami forse saranno solo cazzate, prive di fondamenti, ma sono passati 45 anni è la presenza di mio padre mi manca ancora terribilmente. Perdonami questo sfogo ma con te mi sento a mio agio

    • Diana dice:

      Tranquillo, non ci sono problemi, a volte dire o scrivere quel che si sente aiuta e sono felice che hai deciso di condividere con me questo tuo stato interiore! Immagino ci siano lutti difficili da elaborare come la perdita di un genitore in tenera età ma tu mi sembra te la sia cavata alla grande per quel poco che ti conosco. Un abbraccio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *