Ho deciso di scrivere il mio primo post sulla Cambogia partendo da un libro, e dall’omonimo film, perché è così che ho battezzato il mio viaggio in questa terra meravigliosa. Con la visita di due luoghi emblematici che raccontano la tragica storia, nemmeno poi così lontana, della Cambogia. Per primo hanno ucciso mio padre, di Loung Ung, è la testimonianza diretta di una sopravvissuta all’orrore del genocidio di cui è stata vittima la Cambogia tra il 1975 e il 1979. Una tragedia di dimensioni epiche che conosciamo per sentito dire ma che abbiamo vissuto come un qualcosa lontano che tutto sommato non ci riguarda.
Ho visto Per primo hanno ucciso mio padre su Netflix prima di partire, ho letto il libro durante il viaggio contestualmente alla visita di Phnom Penh e non contenta ho rivisto il film dopo aver finito il libro. Posso sembrare masochista ma non riuscivo a capacitarmi del livello di bestialità raggiunto dai khmer rossi e posto in atto nei confronti dei loro fratelli. Ho pianto un sacco, durante la lettura anche più di una volta, e non sono una dalla lacrima facile. Nella sua immensa drammaticità è un libro catartico che oltre a mostrare l’orrore, fa percepire il dolore.
La voce narrante di Per primo hanno ucciso mio padre è la piccola Loung, sei anni di età, figlia di una famiglia benestante di Phnom Penh. Da come la descrive doveva essere una bella città a cui non mancava nulla ed è la stessa sensazione che mi ha trasmesso Tiziano Terzani in Fantasmi. Dispacci e lettere dalla Cambogia, un altro libro da leggere se avete in programma un viaggio in Cambogia. Terzani era innamorato di tutta l’Asia ma la Cambogia occupava un posto speciale nel suo cuore e dopo averci trascorso quasi un mese non posso che essere d’accordo con lui.
A detta di entrambi a Phnom Penh si viveva bene, quantomeno fino al fatidico 17 aprile 1975 quando i khmer rossi, in nome di una Kampuchea Democratica sotto la guida di Pol Pot, la presero d’assalto costringendo l’intera popolazione ad abbandonare la propria casa e i propri averi e a dirottare nelle campagne.
Ha inizio così un’epopea che si concluderà solo nel mese di gennaio 1979 con la decimazione del popolo cambogiano. Secondo gli storiografi, nel periodo della Kampuchea Democratica furono ferocemente eliminati da 1.500.000 a 3.000.000 di cambogiani.
Per primo hanno ucciso mio padre racconta questi tre anni e mezzo di storia per ricordare, alla stregua del Museo del Genocidio Tuol Steng di Phnom Penh e dei Campi di Sterminio di Choeun Ek, tutte le vittime della storia cambogiana. Una storia talmente cruenta e brutale da sembrare irreale.
L’orrore che ha vissuto il popolo cambogiano va oltre l’umana concezione anche se, purtroppo, una menta malata l’ha concepito e l’ha realizzato. Fratelli che hanno ucciso i loro fratelli senza il minimo scrupolo per vecchi, bambini, donne incinta. Gente che ha tirato fuori il suo lato bestiale, quello che alberga in ognuno di noi, e l’ha reso umano.
Purtroppo quel che è successo in Cambogia non è un caso isolato. Negli stessi anni in Argentina migliaia di persone venivano inghiottite dall’atroce macchina della desaparición e negli anni Novanta il mondo intero assisteva inerme al genocidio più veloce e sistemico della storia, quello del Rwanda, che ha causato la morte di un milione di persone in soli cento giorni. Senza dimenticare che lo sterminio del popolo ebraico per mano di Hitler si era concluso solo trent’anni prima e sorvolando su altri orrori che hanno coinvolto l’umanità non perché siano da meno ma perché non amo le liste fini a se stesse.
Come un po’ tutti questi regimi totalitari, la Kampuchea Democratica si contraddistinse per le deportazione di massa e l’eliminazione dell’opposizione, anche solo presunta, con metodi che rasentarono l’aberrazione.
La gente viveva in campi di rieducazione da cui, oltre all’uso del denaro e della proprietà privata, era abolito il diritto alle libertà fondamentali. Chi aveva studiato o conosceva le lingue, così come chi portava gli occhiali, era ritenuto pericoloso per il sistema e veniva cancellato dalla faccia della terra. Lo stesso trattamento veniva riservato ai monaci considerati nullafacenti e parassiti della società, e molti dei simboli religiosi e culturali dell’epoca vennero rasi al suolo.
Dulcis in fundo, la mancata risposta della giustizia di fronte a un tale orrore. Passarono ventidue anni prima che venisse istituito un Tribunale atto a giudicare i crimini commessi dai khmer rossi e altri sette prima che Pol Pot, la mente malata che partorì un tale inferno, fosse condannato. Ironia della sorte, era già morto…
Ora, probabilmente ti starai chiedendo il senso di questo post. Non ti sto raccontando la trama di Per primo hanno ucciso mio padre e non ti sto raccontando la tragica storia della Cambogia se non per sommi capi. Considerato che non scrivo perchè non ho di meglio da fare visto che al momento sono in viaggio, dove voglio andare a parare?
Ebbene, ci sono persone che ritengono non valga la pena perdere tempo visitando Phnom Penh perché non ha nulla di interessante da vedere. Queste persone, e ne ho conosciute parecchie durante il viaggio, commettono un errore imperdonabile. A parte il fatto che a me è piaciuta, ma ovviamente il gusto è sempre soggettivo, decidere di non visitare Phnom Penh significa perdersi una parte importante della storia di questo meraviglioso paese e altrettanto meraviglioso popolo.
Il Museo del Genocidio Tuol Sieng di Phnom Penh e i Campi di Sterminio di Choeun Ek, per quanto dolorosi siano, vanno visti si o si se decidi di organizzare un viaggio in Cambogia. Ti potrò sembrare un po’ rigida ma lo ritengo un dovere morale verso questo popolo che ci ospita con il sorriso sulle labbra e una mancanza di rispetto nei suoi confronti il non farlo.
Il Museo del Genocidio Tuol Sieng era un liceo che nel 1975 venne occupato dalle forze di sicurezza di Pol Pot e adibito a carcere di massima sicurezza con il nome di S-21. Tra il 1975 e il 1978 oltre diciassettemila persone incarcerate nell’S-21 vennero condotte nei Campi di Sterminio di Choeung Ek dove furono uccise a bastonate per risparmiare proiettili preziosi da dedicare alla causa.
Un’esperienza devastante, lo so bene, così com’è devastante visitare Auschwitz, ma sono “luoghi della memoria” che ci servono a capire gli avvenimenti passati e non solo a commemorarli. E l’aver incrociato viaggiatori, italiani e non, che hanno scelto di bypassare Phnom Penh perché non ha nulla di interessante da vedere mi ha riempita di indignazione.
Perché, come ha giustamente sottolineato la stessa Loung Ung che è sopravvissuta a una parte della sua famiglia, “se avessi vissuto in Cambogia in quel periodo, questa sarebbe anche la tua storia”. Il fatto che non lo sia non ci autorizza a chiudere gli occhi di fronte all’orrore, vicino o lontano che sia.
Ecco perché il consiglio di leggere (o di vedere) Per primo hanno ucciso mio padre è rivolto a tutti, anche a chi non sta organizzando un viaggio in Cambogia e incluso a chi in Cambogia c’è già stato. Perché è un libro reale, intenso e commovente. Un libro che, vuoi o non vuoi, insegna ad allargare la prospettiva alla stregua di un viaggio, e forse anche di più…

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La Globetrotter
Se sei d’accordo con me e hai già letto Per primo hanno ucciso mio padre, o comunque leggendomi hai deciso di farlo quanto prima, lasciami un commento. Ci tengo particolarmente.
Se cerchi spunti per organizzare un viaggio in questa terra meravigliosa, leggi il mio post Cambogia: itinerairo e consigli utili per un viaggio fai da tea. Altri articoli dettagliati sul paese li trovi qui.
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Mi hai fatto venire la pelle d’oca. Cercherò il libro e il film. Grazie.
Grazie a te Lauro, fammi sapere cosa ne pensi! Sono sicura chebti piacerà
Carissima amica mia questo è il post più bello che abbia mai letto in vita mia, e solo tu potevi scriverlo In esso e inglobato un mix di storia, cultura, amore per il prossimo, che esula dal solo viaggiare. Anche io come te non mi commuovo facilmente ma la profondità delle tue parole mi ha turbato.Non mi stancherò mai di dirti bravissimaaaaaaaaaaa un bacio
Tu mi fai sempre arrossire Alfonso ma grazie di esistere perché mi fai anche sentire speciale
Sconvolgente.. purtroppo l’umanità non ha ancora trovato un antidoto contro mostri e orrori del genere. Sì, mentre leggevo il tuo racconto e le tue considerazioni, pensavo che questo è un libro che devo leggere.
Si Petra te lo raccomando! Io se vuoi te lo posso prestare… al mio ritorno!
Bellissimo film anche se straziante nelle immagini e pensare che noi in quel periodo pensavamo a cosa ci potevamo comprare per essere felici. Che tristezza,mi è piaciuto il tuo commento sul libro e sul film, se riuscirò un giorno a fare un viaggio mi piacerebbe andare in Cambogia e visitare i posti del genocidio,anche per onorate le persone che ci hanno perso la vita
Grande Anna, viaggiare è anche questo, andare incontro al dolore e farlo nostro per diventare persone migliori. Un abbraccio