L’Hostel Torre è un ostello situato in rua Carlos Gomez, il centro “commerciale” di Salvador de Bahia, dieci minuti a piedi dal Pelourinho.

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Il Pelourinho

Dopo le prime tre notti trascorse a casa di Sheila, nel quartiere benestante di Imbui, ho deciso di levare le tende. Mio padre, che è un paranoico per antonomasia, soleva dirmi “l’ospite è come il pesce, dopo tre giorni puzza”. Fortunatamente, delle mille cose che mi ripeteva in maniera ossessivo-compulsiva, me ne sono rimaste ben poche ma visto che questa è una di quelle, non volendo abusare eccessivamente della gentilezza del mio couch, ho preferito andarmene.

Casualmente ho incontrato Dona Neuza, una brasiliana sposata con un argentino e proprietaria dell’Hostel Torre, edificio decadente su tre piani in fase di ristrutturazione con annesso un ristorantino locale di recente inaugurazione. Decisamente buena onda, Dona Neuza cerca volontari che l’aiutino a sistemare l’ostello in cambio di vitto e alloggio.

E così, visto che Salvador de Bahia volevo “viverla” un po’ più a fondo, ho deciso di fermarmi a dare una mano. C’è tanto da fare ma l’atmosfera è davvero gradevole. Olanda, Brasile, Argentina, Germania, Italia… una bella Babele che in questo momento è diventata il mio mondo.

A onor del vero, quando Dona Neuza mi ha parlato dell’ostello proponendomi l’accordo, speravo di trascorrere le mie mattinate scartavetrando e pitturando persiane incrostate ma essendo l’ultima arrivata mi è toccato l’ingrato compito di aiuto cuoca. Il primo giorno di lavoro, alle sette di mattina, appena rientrata da una notte di samba e subito dopo il café da manha, ho dovuto lavare e squartare un pollo intero!

Riesci a immaginare la mia faccia quando, ancora piena di birra, mi è stato chiesto di occuparmi dell’animale morto? Eu sou vegetariana, ho avanzato timidamente sapendo che sarebbe stato un buco nell’acqua. Perché essere vegetariani in Sud America è come essere afflitti da un brutto male. Se ti fermi a comprare una empanada e chiedi alla mamacita cosa c’è dentro, ti risponderà carne, pollo, jamòn y queso mi amor (suona diverso in portoghese ma il concetto è lo stesso). E se poi, non contento, gli chiedi se c’è qualcosa senza carne, con lo sguardo compiaciuto ti risponderà candidamente Si, claro mi amor, hay de pollo. Come se il pollo non fosse un animale!

Ora, io non sono vegetariana ma mi fa senso maneggiare la carne. Una vera e propria tortura! Giusto per farti capire che non è tutta rosa e fiori la vita di una Globetrotter, specialmente se si tratta di una Globetrotter povera in canna come me! Trascorrere a Milano otto mesi l’anno e stare via i restanti quattro, con uno stipendio già di suo medio-basso e nel mio caso decurtato a causa del part-time, è una delle decisioni migliori che abbia preso in vita mia ma richiede sacrifici, rinunce e un grande spirito di adattamento.

Perché poi, dopo aver sudato cinque ore in cucina, con una temperatura esterna che tocca i 35°C, l’ultima cosa che vorresti sentirti dire è no hay agua menina e non puoi nemmeno incazzarti perché sei qui, con loro, che a volte non hanno acqua nemmeno per lavarsi, e stai vivendo per un momento la loro quotidianità!

Di fronte a queste cose rifletti su te stesso, sulla tua vita, sulla tua condizione, e l’ordine dei tuoi valori e della tue priorità inevitabilmente cambia. In fin dei conti è tutta una questione di priorità ed è una gran gioia e fonte di immensa ricchezza per me quella di poter incrociare e condividere, anche se per poco, il cammino di altri popoli.

Comunque sia, piccole disavventure e pippe esistenziali a parte, devo dire che Salvador de Bahia mi ha stregata. Il Pelourinho è una meraviglia, Patrimonio dell’Umanità dal 1985, ospita circa ottocento edifici in stile coloniale e i suoi vicoli ciottolati traboccano di chiese, musei, ristorantini e graziosi negozietti di artigianato.

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Scorcio di Salvador de Bahia

Una miscela esplosiva di suoni e colori che ti travolge nel vorticoso delirio del martedì sera quando gruppi di musicisti si riversano per le strade condividendo ritmi, percussioni e balli con la folla di gente che li attende, ansiosa di lasciarsi trasportare. Alla festa non mancano certo le bahiane che partecipano vendendo aracajé, churrasco, tapioca, pasteis, salgados, coxinas (e chi più ne ha, più ne metta).

Se poi il martedì coincide anche con un giorno consacrato, come la Festa de nossa senhora da conceição da praia, non hai idea di quel che può accadere. Perché in Sud America festa è sinonimo di musica assordante proveniente dai quattro punti cardinali, fiumi e fiumi di cerveja, street food di ogni tipo e quantità, gente che balla ovunque in maniera a dir poco selvaggia…

A me, personalmente, tanta confusione mi stressa un po’ ma essendo il mio primo martedì al Pelourinho decido di farmi forza ed esco.

Sola, con il cellulare in una tasca e le sigarette nell’altra per evitare di dare nell’occhio, decido di buttarmi nella bolgia. E visto che, come mi piace credere, la fortuna aiuta gli audaci, riesco pure a entrare gratis al concerto di un musicista molto rinomato qui a Bahia che propone un mix di ritmo bahiano, noto come axe, e di musica afro. Un tale Geronímo, il re dell’afro-axe.

Una serata di ritmi di ogni genere suonata da personaggi improbabili conclusasi con un bagno notturno in una delle spiagge di Bahia in compagnia di alcuni artisti locali. Che poi, detto tra noi, qui sono tutti artisti: musicisti, ballerini, capoeristi, pittori. Figurati che esiste pure la “sigaretta d’artista”, un modo originale per definire l’happy join.

E dopo questa piacevole parentesi, sull’autobus di ritorno al Pelourinho, senza alcuna ragione apparente l’autista stoppa il mezzo di locomozione e tutti i presenti di sesso maschile, sollevando le spalle per il disappunto, scendono dall’autobus. Io faccio per seguirli e una donna, con tono autoritario, mi intima di stare al mio posto. Davvero, non capisco cosa succede, poi guardo fuori dal finestrino e mi accorgo che siamo circondati da poliziotti che stanno perquisendo i malcapitati da cima a fondo.

Il mio portoghese è ancora molto portunhol e ci impiego un po’ per realizzare che stanno effettuando un controllo anti-armi e anti-droga e che se solo ci fosse stata una poliziotta tra loro sarebbe toccato pure a me. Niente di grave, è routine a Salvador, mi dice la donna.

Ci sono molte cose di routine qui a Salvador, penso richiamando la notizia dell’ennesimo assalto occorso all’alba a un ostello del Pelourinho! Sarà pure routine e ci avranno fatto l’abitudine ma io ho passato cinque minuti terribili all’idea che qualcuno dei miei compagni di bagno potesse essere un trafficante di armi o di droga. Fortunatamente, tutto è bene quel che finisce bene…

Adoro l’energia di questo posto e la solarità di questo popolo che affronta la vita sempre con il sorriso sulle labbra! Ho conosciuto persone fantastiche e sto vivendo le mie giornate con loro più di quanto stia visitando il Brasile lo so, ma questo è il mio modo di viaggiare. Già so che tornerò a casa con un carico di saudade da novanta…

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Baghiana davanti alla Fondazione Jorge Amado

La Globetrotter

Sei già stato a Salvador? Ha stregato pure te? Ti aspetto nei commenti.

Se cerchi spunti per organizzare un viaggio nel paese della saudade, leggi il mio post ITINERARIO DI VIAGGIO IN BRASILE, DA BAHIA ALLE SPIAGGE DEL NORD-EST, oppure clicca QUI per tutti i racconti on the road.

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12 pensieri su “L’hostel Torre e il Pelourinho di Salvador de Bahia

  1. roby1984it dice:

    Raccontare Salvador così bene nonostante tutta quella birra in circolo vale doppio! 🙂
    Io ricordo poco della prima ‘serata’ in brasile, un concerto di forró fuori Fortaleza..
    Ricordo che la perquisizione all’ingresso consisteva a una tastata alle palle, che essendo tutto all’aperto il concerto va avanti anche se diluvia, che se ha la gonna non per forza è una donna, che si torna a casa quaando sorge il solee, che nonostante le perquisizioni alle palle a fine serata è normale che qualcuno estrae unaa pistola e spara in aria durante una lite con la morosa.. ho dormito fino alla sera dopo, e tu sei andata a sventrare polli la mattina stessa? Rispetto 🙂

    • Diana dice:

      Ahahah… bisognerebbe raccogliere tutte queste storie e racchiuderle in un’antologia, storie di quando un paese lo si vive con la gente e per la gente… comunque, per la cronaca, sono stata promossa al rango di consulente amoroso! Con i polli ho chiuso…

  2. petra dice:

    Anche se, ovviamente, non tutti i momenti possono felici, ti auguro di poter rimanere quasi sempre con il sorriso sulle labbra come le persone di cui racconti! Un abbraccio

  3. Stefano dice:

    Ciao, mia moglie è bahiana e soteropolitana e ho vissuto 2 anni a Salvador. Condivido tutto tranne quando hai scritto che a volte non hanno l’acqua per lavarsi, anzi si lavano molto più spesso di noi… Il problema è che a volte manca l’acqua per problemi logistici e se non hai la riserva sul tetto sei fregato.
    Comunque complimenti per il coraggio di aver viaggiato da sola a Salvador.
    In due anni di vita li non mi sono mai divertito così tanto. Grazie per aver raccontato così la città del mio cuore…

    • Diana Facile dice:

      Ciao Stefano! Io il Brasile l’ho adorato e a Salvador ci sono stata due mesi alla fine! Incasinata da morire, pericolosa ma è stata una delle esperienze più belle dei miei viaggi… eh si, hai ragione sull’acqua, ma l’ho scoperto dopo aver già scritto il racconto e comunque ho preferito lasciarlo per spingere la gente a riflettere e non sprecare un bene prezioso come l’acqua perché ci sono posti dove non è così scontato potersi fare una doccia in tranquillità (se non hai le riserve, come succedeva all’Hostel Torre).
      Un abbraccio…

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