Quando mi hanno comunicato che avrei preso parte al pellegrinaggio ebraico alla Ghriba di Djerba non ti nascondo di essere stata colta da un mix esplosivo di emozione e titubanza.
Emozione per il privilegio di partecipare a un’importante manifestazione religiosa che vede coinvolta la comunità ebraica in terra tunisina e titubanza per quel che sta accadendo attualmente attorno a noi. Una dura lotta tra sentimenti contrastanti ed entrambi legittimi che ha visto trionfare la prima a discapito della seconda. Grazie, ovviamente, a un po’ di buon senso.
La Tunisia non è uno stato in guerra da cui stare alla larga ma è comunque sentito come un paese che è meglio guardare da lontano. È vero, recentemente è stato lo scenario di eventi drammatici così come lo sono stati Bruxelles o Parigi, ma quanti di noi rinuncerebbero ad andare a Bruxelles o a Parigi? Credo pochi, tuttavia partire per la Tunisia mette un po’ di ansia, ma dopo un primo momento di esitazione ho scelto, per ovvie ragioni, di non privarmi di quest’esperienza. Sono fatalista, quando il momento arriva, arriva! Magari stai andando dal panettiere sotto casa e ti investe una macchina o ti cade un vaso in testa, per cui non permetterò al timore di prendere il sopravvento e continuerò a esplorare il mondo. Con un po’ di testa, ovviamente, ma senza lasciarmi limitare troppo, pena la morte dell’anima altrimenti.
Tornando a noi, la Ghriba di Djerba è una sinagoga. Uno dei principali tratti distintivi della comunità ebraica djerbina che conta circa 1.500 persone. Ogni anno, il 33° giorno dalla Pasqua ebraica e in occasione della festa di Lag Ba’omer, la Ghriba – che in arabo significa “straniero” – diventa meta di un pellegrinaggio che mobilita migliaia di fedeli. Dopo l’attentato kamikaze rivendicato da Al-Qaeda nel 2002, che ha causato la morte di 21 persone, il numero dei pellegrini diretti alla Ghriba si è notevolmente ridotto. Tuttavia pare che quest’anno il richiamo della fede si sia risvegliato.

Situata nel villaggio di Hara Sghira, in una zona isolata vicina alla campagna, la Ghriba di Djerba è la più antica sinagoga dell’Africa. Edificata nel 586 a.C. da ebrei in fuga dalla furia omicida dell’imperatore babilonese Nabuchodonosor II che ordinò la distruzione del tempio di Salomone, la Ghriba ha mantenuto viva nel tempo la tradizione continuando ad accogliere pellegrini che si recano a renderle visita per rivolgere a Dio le loro preghiere.
“Per me la Ghriba è il modo per avvicinarmi a Dio, indirizzargli le mie preghiere e dimostrargli che sono ancora qui, in Tunisia. Questa è per me l’eredità ebraica” mi ha confessato Ochra, un tunisino abitante da anni a Marsiglia che, puntualmente, si presenta all’appuntamento con il pellegrinaggio alla Ghriba. E non è il solo. Vengono da paesi limitrofi, come la Libia o la terraferma, ma vengono anche da più lontano. Francia in particolare, ma anche Germania, Stati Uniti, Italia, e vengono tutti con la speranza di vedere esaudite le loro preghiere.
All’interno della sinagoga, in un angolo, scorgo una ragazza con un uovo in una mano e la penna nell’altra. Mi avvicino incuriosita e le chiedo cosa sta facendo. “Scrivo la mia preghiera” mi risponde candidamente. “Un voto per trovare marito e per la fertilità.” Mi fa una tenerezza infinita, forse perché io sono atea fino al midollo ma in fondo invidio la sua fede quasi tangibile.

Esco dalla sinagoga e mi faccio largo tra la ressa, all’esterno. Mi dirigo al caravanserraglio costruito negli anni Cinquanta del XX secolo per ospitare gli ebrei libici, attualmente in disuso. Dopo la processione e il raccoglimento alla sinagoga, il caravanserraglio viene preso d’assalto dai pellegrini affamati e assetati. Si mangia, si beve, si chiacchiera. Di cosa non lo so, ma percepisco serenità nonostante la presenza delle forze dell’ordine che circondano la Ghriba.
Ripenso all’appello di Selma Elloumi Rekik, ministra tunisina del turismo, e al suo messaggio di pace, tolleranza e accoglienza. Un invito a non lasciarsi intimidire che racchiude, ovviamente, il desiderio del paese di uscire dall’isolamento in cui si è trovato suo malgrado. E gioisco del piacere di essere qui e di aver conosciuto, ancora una volta, un pezzo di mondo lontano dal mio…

La Globetrotter
Sei stato a Djerba? Ti è piaciuta?
Nel corso dello stesso Educational organizzato dall’Ente Tunisino Nazionale per il Turismo in collaborazione con Tunisair, ho avuto la fortuna di scoprire anche Sidi Bou Said e Hammamet. Due gioiellini.
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