È risaputo che in India il topo è sacro ma arrivare a dedicargli un tempio non ti sembra eccessivo? Sto parlando del Karni Mata Temple di Deshbok. Da Jaipur non dista molto e decidiamo di andare a dare un’occhiata.
I topi sacri del Karni Mata Temple
Una nottata in autobus precede il nostro arrivo a Bikaner. Questa volta ci va di lusso. Un autobus con cuccetta non l’avevo ancora visto e dormo come un bebè. Siamo qui solo per visitare il Karni Mata Temple di Deshnok, noto anche come il tempio dei topi. La sosta in città durerà poche ore.

Alle 05.30 di mattina non è facile trovare qualcuno che ci porti fin lì. Per fortuna il cuccettista, vedendoci in difficoltà, si offre di aiutarci e poi sparisce nel nulla. Cinque minuti dopo ricompare in compagnia di un uomo con le palpebre ancora appiccicate. Ci porterà lui al tempio.
Simona è terrorizzata. Per lei questa è una sfida perché ha la fobia dei topi. La mia è più curiosità. C’è chi venera i santi e chi venera i topi, il mondo è bello perché è vario ed è questo che mi spinge a viaggiare. Certo che se poi mi trovo davanti le pantegane milanesi, cambia tutto!
Scendiamo dal tuc-tuc e senza aspettare che ce lo dicano ci togliamo le scarpe e le lasciamo davanti all’ingresso. Quattro paia di calzini dovrebbero essere sufficienti a preservarci da qualsiasi malattia.

Come mi è accaduto varie volte in questo viaggio, sono sconvolta. Non tanto per le centinaia e migliaia di topi che popolano il tempio, quanto per la devozione degli indiani. Mi si serra lo stomaco di fronte all’altare bandito con il cibo offerto dai pellegrini. Penso che ogni angolo del paese pullula di gente che muore di fame e fruga nei bidoni della spazzatura e mi sembra follia pura.
Uomini e donne entrano nel tempio e si sdraiano a terra nella speranza che qualche grazioso topolino gli cammini sopra. Poi si rialzano ed entrano a gattoni in quell’andito fetido in cui si trova l’altare dove lasciano le loro offerte. Io sono basita, allibita, stralunata. È sufficiente! Usciamo e in silenzio ci avviamo sulla strada principale per rientrare in città.
Intravediamo l’autobus diretto a Bikaner che sta caricando gente. Ci guardiamo e senza dire una parola ci sediamo su un muretto ad aspettare. Il tempo non ci manca. Il rientro a Jaipur è previsto nel primo pomeriggio. Tra non molto passerà un tuc-tuc.
Venti minuti dopo siamo comodamente sedute sul nostro mezzo di locomozione e percorriamo a tutta velocità la strada deserta. In lontananza scorgiamo un autobus ribaltato su un fianco con della gente attorno. L’autista gli passa accanto senza nemmeno rallentare l’andatura. Io e Simona ci guardiamo incredule. Era l’autobus che avremmo dovuto prendere noi. Inutile a dirsi che ho subito ringraziato Ganesh per aver vegliato sulla mia incolumità! Forse poi così eccessivo il Karni Mata Temple non lo è…
Dopo un giro in città che ci mostra una magniloquenza architettonica in netto contrasto con lo stile di vita quotidiana, lasciamo Bikaner. Ad attenderci sull’autobus il nostro amico cuccettista, ansioso di sapere come abbiamo trascorso la mattinata.
Inizia il viaggio di ritorno. Il paesaggio desertico accompagna le mie elucubrazioni mentali…
Quando ti confronti con un posto nuovo l’impatto culturale è sempre forte e la diversità la senti come un ostacolo insormontabile. Generalmente, mano a mano che ti adatti al nuovo ambiente la diversità si assottiglia e riesci a vedere tutto sotto un’altra prospettiva.
Non così per l’India, uno dei pochi paesi che mi ha sconvolta dal primo all’ultimo giorno. Sono ben poche le cose che mi turbano e sono contenta di aver affrontato l’India con Simona, una carissima amica nonché grande viaggiatrice! Il mio unico conforto era quello di rientrare la sera e veder riflessa sul suo volto la mia stessa espressione perplessa e rassegnata.

La Globetrotter
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…ce l’hai,ce l’hai la buona stella…continua così vagabondaaaa!
Sorella… ce l’abbiamo entrambe la buona stella! E soprattutto abbiamo la libertà, non dimenticarlo mai!
Cara amica mia perché tale ti considero leggevo questo post datato credimi nessuno meglio di me può capire il tuo sgomemto/stupore nei confronti dall’India. Siamo arrivati a Bombey 26 anni fa senza saper ne leggere ne scrivere ma solo con la L’incoscenza dei vent’anni per risolvere un problema serio di mia moglie. Atterrati dopo 13 ore di volo aeroporto invaso da topi gente che dormiva sui cogli della strada La prima parola di mia mogli e stata riportami a casa. Non aggiungo altro quando ci conosceremo di persona ti racconterò questa odissea finita bene.
Cara Diana anche noi abbiamo avuto la nostra buona stella siamo atterrati a Bombey 26 anni fa senza saper ne leggere e scrivere ma solo con L’incoscenza dei 20 anni poco informati di cosa andavamo incontro. Non è stato un viaggio di piacere ma qualcosa che sapeva di ultima spiaggia fortunatamente risolto sino ad oggi nel migliore dei modi. Dopo 13 ore di volo usciti dall’aeroporto la prima parola di mia mogli e stata Riportami A Casa tra centinaia di topi che giravano in aeroporto e che salivano sui bambini che dormivano per terra. Amica mia non mi voglio dilungare più perché non son bravo come te a scrivere ma quando ci incontreremo ti racconterò di questa avventura un BACIO
Chiamami pure amica che mi fa piacere! Io nonostante tutto so che un giorno in India ci tornerò, lo ripeto da quel 2009 ma il giorno arriverà…
Mi hai incuriosita parecchio e ascolterò con estremo piacere la vostra storia che a quanto ho capito è finita bene, per fortuna.
Scusami della doppia pubblicazione credevo che la prima non fosse andata a buon fine
Figurati, sono stata io lenta a rispondere ma non sono sempre connessa…