Oggi ti parlerò di Dona Neuza – un esempio di generosità, umanità, lealtà, tenacia, coraggio, determinazione – e della sua strepitosa  feijoada bahiana.

Purtroppo per me ho dovuto interrompere il viaggio a causa di un problema di salute che mi ha costretta a un intervento chirurgico a Salvador de Bahia. Me lo portavo dietro dall’Italia ma il medico mi aveva detto di partire tranquilla. Forse, incosciente come sono, l’avrei fatto ugualmente, ma il fatto che lui non abbia opposto obiezioni mi esonera dall’assumermi la responsabilità di quanto mi è accaduto anche se, purtroppo, sono io quella che ne ha pagato lo scotto!

Comunque sia, a meno di un mese dalla partenza ho iniziato a stare male. Non voglio fare la vittima della situazione né entrare nel dettaglio del mio problema, ti basti sapere che avevo la sensazione che mi stessero squartando viva! Dona Neuza, la proprietaria dell’Hostel Torre dove stavo lavorando come volontaria in cambio di vitto e alloggio, senza pensarci su due volte ha mollato baracca e burattini e mi ha portata in tutte le Emergencias possibili e immaginabili della zona.

Non so a te che lampadina accende il termine Emergencias. A me, personalmente, qualcosa di molto simile al nostro Pronto Soccorso. Purtroppo sulla mia pelle ho scoperto che Emergencias in Brasile è un mix di Guardia Medica, Consultorio e (pseudo) Pronto Soccorso. In altri termini, un luogo congestionato a cui ricorrere anche per un banale raffreddore.

Una volta lì, prima di essere visitato dal medico, passi al vaglio di due o tre infermiere che compilano moduli su moduli ponendoti domande diverse nella forma, ma analoghe nel contenuto.

Se poi sei fortunato, com’è successo a me, arrivi all’ultimo step per sentirti dire che non c’è la specialità di cui hai bisogno e non sarai visitato da un medico. Dispiaciuti di non poter fare di più, ti indirizzano verso un’altra Emergencias e così via a catena.

Per farla breve, anche se non è la mia dote migliore, dopo tre giorni di questo delirio Neuza mi ha portata dallo specialista privato che mi ha detto “O ti operi qui o torni in Italia. In questo stato non vai da nessuna parte.” E visto che l’idea di tornare in Italia non mi allettava affatto, così come quella di non andare da nessuna parte, pur avendo capito la metà di quel che mi stava diagnosticando (prima di arrivare in Brasile non parlavo portoghese, ora me la cavo con il portuñol che non è certo adeguato a sbrogliare situazioni complicate) mi sono fatta coraggio e mi sono tolta il peso. Non è stata una scelta facile, ho avuto paura, ma era l’unica che potessi fare.

Se non ci fosse stata Neuza non avrei avuto questa possibilità. Innanzitutto perché non mi avrebbero operata senza una persona che si assumesse la responsabilità del mio intervento. E già questo mi sembra un atto di generosità estremo considerato che la conoscevo da circa tre settimane.

Per otto giorni sono rimasta rinchiusa nella mia stanzetta senza poter fare assolutamente nulla. Neuza mi è stata accanto come un’amica, una sorella, una madre, dimenticando il suo lutto personale avvenuto esattamente quindici giorni prima: la separazione dal marito dopo vent’anni di matrimonio. Mi ha fatta sentire un membro della famiglia, alla stregua di Evita e Francesco, suoi figli legittimi, comprendendo i miei malumori, le mie paura, le mie sofferenze, e facendole sue.

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Con Dona Neuza

Una donna nata quasi dal nulla che con coraggio e determinazione si è fatta strada nella vita senza mai dimenticarsi di chi è, da dove viene e, soprattutto, di chi ha bisogno di lei. “Porque a vida move com emoçaos e coraçaos” mi ha detto un giorno mentre mi raccontava di sé. E io sono stata semplicemente la diretta conseguenza di quel che Neuza racchiude dentro di sé. Amore.

Amore per i figli, che ha cresciuto in presenza di un marito pressoché inesistente. Amore per i meno abbienti, che ha aiutato lavorando direttamente nelle favelas di Salvador. Amore per il suo lavoro e per i suoi ospiti che accoglie come se fossero amici venuti da lontano. Amore per me, di cui si è presa cura in maniera a dir poco strepitosa. Un esempio di vita da non dimenticare.

Ora, ti chiederai cosa c’entra tutto questo con la feijoada. Ebbene, devi sapere che due giorni prima del mio intervento, mentre ero impegnata negli esami pre-operatori, a Salvador de Bahia c’è stata un’alluvione. A dire di Neuza non se ne vedevano così dal lontano 1994. Non so quanto il dato sia veritiero o se è stato semplicemente un modo per giustificare lo stato in cui versava l’ostello dopo la tempesta. Ti basti sapere che il tetto non ha retto e in men che non si dica abbiamo iniziato a galleggiare: nonostante l’ostello si sviluppi su tre piani, in cucina, che si trova nel seminterrato, c’erano 20 centimetri di acqua.

Una situazione delirante che avrebbe sottoposto a dura prova i nervi di qualsiasi ospite ma la buena energia che si respira all’Hostel Torre ha fatto il miracolo.

All’epoca dei fatti, oltre a me e i figli di Neuza, l’ostello era popolato da dieci argentini e quattro colombiane e tutti, dico tutti, ci siamo rimboccati le maniche per salvare l’arca. Come una grande famiglia solidale. È proprio vero che l’unione fa la forza e nel giro di un paio d’ore, tra una battuta, un cafezinho e una fetta di torta bagnata, l’alloggio ha riassunto sembianze abitabili senza che nessuno reclamasse nulla o recriminasse a Neuza alcunché.

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Feijoada all’Hostel Torre

Beffa della sorte la sera, quando ormai tutti i materassi si erano asciugati, c’è stato il secondo round e anche lì nessuno ha battuto ciglio o si è lamentato. Sapevamo quel che c’era da fare senza bisogno di parlare.

E così il giorno dopo Neuza ha preparato per tutti noi una bella feijoada bahiana. Ha chiuso l’ostello ai nuovi potenziali ospiti per dimostrarci la sua riconoscenza e il suo affetto.

L’ha preparata con l’amore e la passione che la contraddistinguono, spiegandoci il procedimento per una feijoada di successo. Partendo dalla scelta del fagiolo che è quel che fa la differenza rispetto alla feijoada carioca, molto più pesante da digerire. Ci ha guidati in questo itinerario gastronomico mostrandoci uno a uno i differenti tipi di carne necessari alla preparazione e il punto di cottura dei singoli alimenti prima di essere amalgamati l’uno all’altro.

Io, che non sono una grande appassionata di carne, ho benedetto il santo che mi protegge pensando che il mio intervento della mattina seguente mi avrebbe esonerata dall’introdurre nel mio corpo una botta proteica di siffatta portata. Ma non appena il mio palato ha assaporato la prima cucchiaiata è entrato in rotta di collisione con il mio spirito di sopravvivenza. Perché la feijoada è davvero una delizia da leccarsi i baffi.

Non so se sia stata la passione che Neuza mette nelle cose a renderla così saporita o la situazione particolare da cui eravamo reduci ma raramente ho mangiato un piatto così gostoso, come dicono a Bahia. Non ho esagerato perché ogni tanto il mio buon senso la spunta sul diavolo tentatore, ma visto che volente o nolente dovrò fermarmi a Salvador approssimativamente fino alla metà di febbraio, conto di rifarmi alla grande.

Neuza mi ha promesso una feijoada tutta per me prima di riprendere il cammino, e io ovviamente non me lo sono fatto ripetere due volte. Con un’arancia al posto del dessert affinché non sia tan pesada. Provare per credere!

E se vuoi sentirla parlare (io l’adoro) ecco il video!

La Globetrotter

Se cerchi spunti per organizzare un viaggio nel paese della saudade, leggi il mio post ITINERARIO DI VIAGGIO IN BRASILE, DA BAHIA ALLE SPIAGGE DEL NORD-EST, oppure clicca QUI per tutti i racconti on the road.

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8 pensieri su “La feijoada di Dona Neuza

  1. giovanna dice:

    Ciao cittadina del mondo!
    Non potevo certo perdermi questo nuovo appuntamento con i tuoi racconti…e anche questa volta, dopo l’umidità dovuta all’alluvione, mi sono sentita ancora una volta coinvolta…quasi come se fossi lì insieme al gruppo a gustare quella prelibatezza! Ancora complimenti e in bocca al lupo per la rimessa in forma/forza!
    Un abbraccio
    Gio’

    • Diana dice:

      Cara Gio’… come ben saprai mi sto riprendendo, iniziamo a prudermi i piedi… anche se qui all’Hostel Torre ci sarebbe da scrivere una storia al giorno… grazie mille di tutto! un abbraccio a te

  2. nadia dice:

    Beh, cara Diana, la richiesta sorge spontanea…. Quando sarai di nuovo da questa parte del mondo, cioè fra noi, cucinerai la feijoada e ce la farai assaggiare ? Un bacione grande grande.
    Nadia

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