Ti sei mai chiesto qual è l’età ideale per iniziare a viaggiare? Io sì, specialmente da quando è arrivato il Covid a limitare il raggio d’azione di noi vagabondi. Credo di sfondare una porta aperta affermando che mi sento come un animale in gabbia e al momento l’unico modo di cui dispongo per uscire da questa gabbia è riflettere sul senso del viaggio e di ciò che gli ruota attorno. In estate ho gironzolato un mesetto e mezzo per l’Italia, tra la magia del Salento e le bellezze toscane, ho incontrato persone e visto luoghi incredibili, come le Dolomiti del Brenta, ma sento terribilmente il bisogno di prendere un qualsiasi mezzo di locomozione e partire, verso l’ignoto.
Se fino a luglio ero ancora ottimista, sottovalutando la portata del nemico invisibile, ora guardo al mio orizzonte temporale e mi chiedo se a gennaio, quando dovrei partire per i miei tre mesi nell’altro emisfero, sarò ancora inchiodata a Milano (magari rinchiusa in qualche centro psichiatrico) o riuscirò a inaugurare l’anno con un bel viaggio! Così partono le elucubrazioni che mi hanno spinta a chiedermi qual è l’età ideale per iniziare a viaggiare.

Detto che una risposta non esiste, quantomeno una risposta che possa ritenersi giusta o univoca, a mio modo di vedere tutte le età sono buone per iniziare a viaggiare.
Ogni tappa della nostra vita, dall’infanzia alla terza età, è portatrice di stati d’animo e qualità indispensabili al viaggiatore che convivono dentro di lui da quando viene al mondo a quando lo congeda. Dal bambino meravigliato che indossa il costume da supereroe e vola alla scoperta del mondo spinto della voglia di vagabondare e di fare nuovi incontri e nuove esperienze, all’età della giovinezza, permeata di idealismo e ribellione, quella in cui si entra in contatto con altre realtà di cui si percepiscono limiti e diseguaglianze e sorge irrefrenabile il bisogno di capire, agire, cambiare il mondo, fino all’età della ragione, quella del viaggiatore adulto che prepara, organizza e programma tutto (o quasi) e per finire l’età della saggezza in cui il viaggiatore osserva, con lo sguardo benevolo e curioso di uno spettatore, il mondo attorno a sé.
Ti sei mai soffermato a pensare sulle fasi della nostra vita? Ti ci rivedi? Chiaramente i dissensi sono sempre benvenuti, purché motivati.
Tornando a noi, il Covid ci ha messo tutti, senza possibilità di scampo, davanti alla fugacità dell’esistenza. Oggi ci sono, domani chi lo sa, nel dubbio è meglio vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, intensamente, perché il tempo “rubato” nessuno ce lo restituirà mai. Se n’è andato, per sempre, e con lui se ne sono andati i viaggi, le scoperte e le conoscenze che avremmo potuto fare e che, ahimè, non abbiamo fatto. Ecco spiegato perché, dal mio punto di vista, prima si comincia a viaggiare e meglio è! Quanto volte abbiamo sentito dire, e ripetuto, che viaggiare apre la mente? Non entrerò nel merito del significato (che è chiaro a tutti noi), mi limiterò a porti una serie di domande.
Se viaggiare apre la mente, perché non iniziare fin da piccoli? Perché molte persone, quando assumono il ruolo di genitore, smettono di viaggiare – con la manifesta intenzione di riprendere a farlo più avanti, quando i bambini saranno grandi – a favore di una tranquilla vacanza? Cosa le trattiene dal farlo insieme a loro? Preoccupazione e buon senso? O pigrizia ed egoismo? Vero, non ho figli e non posso capire fino in fondo le responsabilità dell’essere genitori, ma è pur vero che di gente in giro per il mondo con i figli al seguito, anche molto piccoli, ne ho incontrata parecchia, soprattutto straniera, per cui credo che il nodo della questione sia più che altro “culturale”, nel senso che ci sono popoli più inclini al viaggio di altri.
La mia amica Bibine l’inverno dello scorso anno ha fatto un viaggio in Brasile zaino in spalla in compagnia di Maya, la figlioletta di un anno e mezzo. Non da meno Marie, conosciuta nel 2007 durante il trekking nei Pays Dogon, che qualche anno dopo attraversava in macchina Marocco e Mauritania con il compagno dell’epoca e il piccolo Valentin, poco più di tre anni d’età. Giusto per fare qualche esempio.
Due irresponsabili, potresti obiettare. Può essere, anche se conoscendole non le definirei irresponsabili, tutt’altro. Sono due madri amorevoli e presenti come ne ho conosciute poche, francesi entrambe e figlie di viaggiatori, che fin da piccole hanno avuto modo di aprirsi al mondo per cui non si sono chieste se viaggiare “in paesi a rischio” con i bambini piccoli fosse irresponsabile o no. Tra l’altro, le ho riviste entrambe lo scorso anno e ti posso garantire che Maya e Valentin, tre anni lei e nove lui, hanno le idee già ben chiare su come gira il mondo. Perché il fatto che viaggiare apre la mente non è una frase fatta, ma un’assoluta verità.
C’è poi da dire che non tutti amano viaggiare. Ai nostri occhi può suonare come una bestemmia, ma bisogna essere democratici e accettare che per fortuna non siamo tutti uguali, lasciando al singolo la libertà di scegliere la strada da percorrere. Va da sé che se uno non ama viaggiare, non deve obbligarsi a farlo per “aprire” la mente ai figli, dico bene? I miei genitori non amano viaggiare e fino a quando non ho raggiunto l’indipendenza economica, i miei viaggi avevano una stazione di partenza e una d’arrivo, immutate nel tempo: Milano e Santa Maria di Leuca, tutta una tirata, tre volte l’anno, ma non si può certo dire che la loro stanzialità abbia rappresentato un limite per me.
Superfluo a dirsi che per mio padre è inconcepibile avere una figlia zingara che ha dovuto superare gli “anta” per capire cosa voleva fare da grande, ma anche su questo ho una mia teoria: se finito il liceo, anziché iscrivermi all’università come ci si aspettava facessi, avessi preso l’anno sabbatico e fossi partita per un lungo viaggio on the road, al ritorno mai e poi mai mi sarei iscritta a Giurisprudenza, buttando via soldi e fatica per non concludere nulla. Guarda caso, fu nel corso del viaggio intercontinentale in Guatemala e Messico che ebbi l’illuminazione, tuffandomi di testa nella mia terza vita. Il tempo corre veloce, sono passati poco più di vent’anni da allora e oscillo già tra la quinta e la sesta, spero di averne altrettante davanti a me. Quantomeno fino a quando sono in buona salute, non intendo togliere il disturbo!
Sto divagando troppo, come al solito, ma sei tra i miei pensieri vagabondi e si sa, sono più difficili da arrestare del corpo, gli vuoi fare una multa? Ti confesso che c’è stato un momento in cui il Covid stava limitando pure loro, ho smesso di guardare la tv e navigare sui social per salvarli!
Perché questo lungo discorso? Beh, perché secondo me l’anno sabbatico da passare in viaggio finite le scuole superiori non dovrebbe essere una scelta opzionale (accettata timidamente da qualche anno a questa parte) ma un obbligo imposto dallo Stato, alla stregua del servizio militare, con una piccola retribuzione. In primis perché paghiamo un botto di tasse per quando saremo vecchi, ma sarebbe meglio goderne quando siamo nel punto cruciale della nostra vita, quello che nella maggior parte dei casi traccerà il cammino che ci condurrà alla morte, e poi perché ritengo non ci sia modo migliore per diventare adulti. Scegliere cosa fare da grande dopo aver visto il mondo, a 360 gradi, non è come sceglierlo dopo aver vissuto diciotto anni in un guscio protetto.
Il problema, a mio avviso, è che molti concepiscono il viaggio come divertimento e pura evasione, mentre dovrebbe essere a tutti gli effetti un lavoro, e non mi riferisco al travel blogger, concentrato sul comunicare più che sul viaggiare, ma all’esploratore, quello che va in giro, osserva, si mescola alle altre culture e le fa sue, trae forza dalle esperienze che vive e le condivide con gli altri, da cui nasce il confronto e la volontà di essere persone migliori. Se ci pensiamo il viaggiatore ha una grande responsabilità, altro che divertimento e pura evasione! Ecco perché non è mai troppo presto, ma nemmeno poi così tardi, per ammalarsi di wanderlust.
Tornando all’età ideale per iniziare a viaggiare, e assodato che prima si comincia meglio è, credo non sia mai nemmeno troppo tardi. L’età che avanza significa tante cose, tra cui l’arrivo dei primi acciacchi che rendono tutto più arduo, e se ripenso al viaggio dal Senegal al Mali in bus di sessantaquattro ore del 2007, mi chiedo se oggi, a distanza di tredici anni, sopravvivrei. Probabilmente sì, ma sono lieta che sia passato e non futuro. Ciò non significa che ci sia un’età per smettere di viaggiare, e di buoni esempi nella mia cerchia di amici, reali e virtuali, ce ne sono parecchi. Viaggiare è un richiamo, una voce che ci invita a scoprire il mondo e fino a quando questa voce ci risuona nelle orecchie, sarebbe saggio fermarsi ad ascoltarla.

Personalmente, viaggerò fino a quando le mie gambe mi porteranno in giro e il mio cervello non sarà completamente in pappa e vuoi sapere perché? Perché ogni viaggio è una pagina del mondo da leggere, ma è anche un capitolo della nostra vita da scrivere, non ti pare? E qui direi che è il caso di fermarmi e lasciare spazio a un confronto costruttivo: qual è secondo te l’età ideale per iniziare a viaggiare? Ma soprattutto, esiste davvero l’età ideale per iniziare a farlo? Ti aspetto nei commenti.
La Globetrotter
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nemmeno io sono madre, ma non so se coi figli riuscirei a fare gli stessi viaggi che ho fatto (jma magari ne avrei fatti altri più “a misura di bambino”, questo è impossibile saperlo). certo è che ogni bambino è diverso e che molti viaggiatori quando diventano genitori si trasformano in chioccie che privilegiano ogni comodità del figlio rispetto al desiderio di viaggiare. quindi se il bambino dorme non si va da nessuna parte, se piange si torna a casa ecc. poi ovviamente ci sono bambini più adattabili e altri meno, sia caratterialmente sia perché se non li si fa adattare mai si adatteranno, ma non voglio entrare in questo discorso…
comunque sono d’accordo che viaggiare apre la mente, ma fino ad un certo punto. tornando dalla cambogia l’anno scorso ero seduta in aereo accanto a un tizio che andava in tailandia tutti gli anni e si lamentava del fatto che quando mangi non ti danno il pane (te lo giuro), che i tailandesi sono lenti… e ha dato il bigliettino di un ristorante italiano a un ragazzo seduto accanto a lui! ma non faceva prima ad andarsene a cesenatico? °_° (con tutto il rispetto per cesenatico eh, dicevo solo perché è vicino).
insomma, da una parte sono d’accordo con te che anche presto va benissimo, ma che l’elasticità mentale è fatta di tante cose e che si può avere una mente aperta anche senza aver visto il mondo e viceversa.
speriamo di poter presto riprendere a viaggiare e in bocca al lupo per i tuoi tre mesi di viaggio nel 2021
Cara Claudia, grazie per essere qui! E soprattutto per dedicare un pensiero al mio viaggio invernale (che ti dirò, ho messo nel cassetto dei sogni da realizzare, tanto a tirarlo fuori faccio sempre in tempo)… Certo, l’elasticità mentale, come ha sottolineato una mia amica, ce l’hai o non ce l’hai, ma converrai con me che se ce l’hai viaggiando diventa sempre più elastica… e non credo che il tipo che tutti gli anni va in Thailandia viaggi, semplicemente va a farsi una vacanza come, appunto, potrebbe farla a Cesenatico (ma poi non potrebbe dire che viaggia)…
Speriamo presto presto presto…
non ho fatto viaggi lunghi come i tuoi (ti invidio) per motivi di lavoro comunque sono sempre andata in giro in tenda (Italia, Spagna, Jugoslavia quando ancora si chiamava così Austria, Francia e via di seguito) anche quando mio figlio era piccolo, forse è per questo che a lui piace viaggiare. Ha iniziato da solo a 14 anni e dopo la maturità prima di iscriversi all’Università ha fatto l’interrail, poi è sempre andato in giro e ora tu sai dove felicemente risiede.
Viaggiare è bellissimo ti permette di conoscere la gente, gli usi e i costumi, diversi dal tuo paese, mangiare cose diverse. Bellissime esperienze.
Spero che tutto questo finisca e che tu possa ritornare a fare i tuoi viaggi.
Già, tuo figlio risiede in un posto fantastico…
Già, viaggiare è bellissimo per un sacco di esperienze…
Già, non vedo l’ora di riprendere a viaggiare perché così mi sento morta dentro…
Quando iniziare a viaggiare? Rispondere è di una semplicità disarmante non esiste un età è un amore che sboccia quando ti accorgi di non essere un albero con le radici ma di vivere con l’erba sotto i piedi. Certo se questa consapevolezza viene fuori in età adolescenziale facilita l tutto.Come tutti gli amori l’età determina l’approccio un viaggiatore in erba ha l’incosapevolezza dalla sua, viceversa l’equilibrio la fa da padrona ma il piacere è simile. Come ti capisco, quel sentirsi in gabbia è una violenza su sé stessi tieni duro bella Diana sii consapevole che quando quella gabbia si spalanchera speriamo presto tornerai a splendere di luce propia. Un abbraccio e un bacio da una Napoli piovigginosa.
Grazie Alfonso, lo spero anch’io, se quel momento non arriva in fretta finirò con l’appassire!