Qualche giorno fa navigando sul web in cerca di qualche idea per il mio prossimo viaggio invernale sono atterrata su Gente in Viaggio, un magazine che dà ai viaggiatori la possibilità di vincere viaggi attraverso la pubblicazione di storie vissute on the road partecipando a un gioco chiamato Content Game. Ho curiosato un po’ e l’ho visto come una sorta di grande famiglia unita dalla medesima passione che ha dato l’input a questo post, uno dei miei pensieri vagabondi che si scrivono da soli o quasi. Quelli in cui non racconto di un viaggio o di un luogo particolare ma racconto di me nel mio rapporto più intimo, quello con il viaggio. E così, a quasi cinque anni dalla nascita de La Globetrotter, mi ritrovo a fare delle considerazioni e riflessioni personali sull’opportunità, o meno, di diventare travel blogger.
Non sono rare le occasioni in cui qualcuno mi scrive dicendomi che faccio il lavoro più bello del mondo (e qui bisognerebbe capire quale, mi occupo di talmente tante cose allo stesso tempo da aver dimenticato quale effettivamente sia il mio lavoro!) mentre altri mi chiedono di ospitare qualche racconto di viaggio sul blog il che, lo confesso, mi genera sempre una leggera ansia nel rispondere. Paradossalmente mi risulta più facile accogliere uno sconosciuto in casa che cedere uno spazio “virtuale” sulla Globe ma sto lavorando duro per sradicare dal mio animo ogni traccia di possessività.

Bando alle ciance e torniamo a noi. Qualcuno di voi si starà chiedendo cosa c’entra tutto questo con Gente in Viaggio che avrebbe ispirato un post così intimo.
Ebbene, la parola chiave, quella che mi ha dato l’impulso, è condivisione e so bene che può suonare strano essendo io nota per aver girato mezzo mondo da sola (in senso lato ovviamente, avrò fatto a dir tanto la conoscenza di 1/5 dei paesi presenti sul planisfero!) ma per me la condivisione è un valore fondamentale, nel viaggio come nella vita. Se amo partire da sola, come ho già spiegato nel post Viaggi in solitaria tra incontri, amicizie e tuffi al cuore, non è perché aspiro a fare l’eremita ma perché mi ritengo una cittadina del mondo capace di instaurare legami e relazioni a qualsiasi longitudine e latitudine mi trovi. A volte è più bello condividere con degli estranei che con chi si conosce da sempre e sapete perché? Perché l’unica cosa che accomuna è l’intento, la passione, la voglia di scoprire nel suo stato più puro e primordiale senza nessun tipo di contaminazione che, vuoi o non vuoi, caratterizza i legami già in corso. Quantomeno per me è così ma questo non significa che debba valere per tutti. Probabilmente le persone che viaggiano da sole coglieranno meglio il senso del mio discorso apparentemente campato per aria.

Lo so, scrivo come viaggio, a briglia sciolta! Le regole mi stanno strette ma se mi seguite da un po’ lo sapete e magari in fondo continuate a leggermi anche per questo perdermi via, seguendo il flusso dei pensieri. Ora però torno sui binari e riprendo il tema dell’opportunità o meno di diventare travel blogger basandomi sulla mia esperienza e, soprattutto, sul mio modo di sentire e vivere il viaggio.
Quando a gennaio del 2015 decisi di aprire La Globetrotter ero reduce da un’esperienza professionale incredibile: per un mese intero avevo documentato, insieme a un team di fotografi e videomaker (il mio ruolo era quello di comunicare tramite l’uso della parola) un viaggio via terra da Cartagena de Indias (in Colombia) a Santa Cruz de la Sierra (in Bolivia). Erano più di due anni che collaboravo con una rivista di viaggi, ero in procinto di prendere il tesserino da pubblicista e la mia conoscenza del Sud America aveva giocato un ruolo decisivo nell’affidarmi l’incarico.

Fatto sta che una volta rientrata a Milano e alla mia quotidianità, mentre mi apprestavo a raggiungere il luogo di lavoro, mi ha preso una crisi di panico: lo stomaco chiuso in una morsa, il respiro procedeva a singhiozzo e un senso di spaesamento si insinuava con prepotenza dentro di me. Stavo camminando e fregandomene della gente che mi guardava perplessa mi sono impalata in mezzo alla strada e ho iniziato a ripetere ad alta voce una sorta di mantra: non posso andare avanti così, devo fare qualcosa, non so cosa ma rinchiusa in questa gabbia non durerò a lungo! Non so dirvi quante volte ho pronunciato queste frasi prima di riprendere il controllo del mio corpo ma vi assicuro che non sono state poche.
Così è nata La Globetrotter e senza saper né scrivere né leggere si è lanciata nel mondo dei travel blogger. Un mondo che però non sente suo e da cui, anno dopo anno, sta prendendo sempre più le distanze. Vi state chiedendo perché? Beh, semplicemente perché quando ho aperto il blog non sapevo nemmeno chi fosse e cosa facesse un travel blogger ma conciliando in una professione le mie due grandi passioni, scrivere e viaggiare, mi sembrava l’unica strada percorribile e di fatto è stato così. Mi ha condotta laddove ho sempre desiderato arrivare senza mai farmi realmente diventare una travel blogger e non a caso già pochi mesi dopo la prima uscita sul web mi presentavo semplicemente come una viaggiatrice che scrive un blog di viaggi. Sottigliezze, obietterà qualcuno. Forse, ma non per me.
Detto questo, visto che senza falsa modestia mi ritengo una persona sveglia, non mi lascio sfuggire le occasioni quando bussano alla porta. Non so perché ma oggi, mentre riflettevo su come mettere giù questo post, ho capito cosa veramente animi la mia wanderlust. Fermo restando che viaggio per conoscere, scoprire, arricchirmi, ho avuto chiaro come non mai che la ragione più forte che mi spinge a viaggiare tanto è quella di fuggire dalla quotidianità. C’è chi nel compiere ogni giorno le stesse azioni si sente al sicuro e chi, come me, cade nello sconforto.
Alzarmi tutte le mattine con la sveglia puntata alle sei, ripetere gli stessi rituali, fermarmi al bar a bere il caffè, arrivare in ufficio, trascorrere otto ore seduta alla scrivania con davanti la collega di sempre di cui ormai so anche quanti peli le escono dal naso, vedere qualche amico la sera per un aperitivo, una cena o un dopocena, ma anche un semplice cinema o un concerto, piuttosto che restare a casa a dormire sempre nello mio letto e il giorno seguente ripetere il medesimo ritornello mi rende apatica. E non è così perché vivo a Milano. Con altri tempi e altri ritmi, sarebbe la stessa cosa in qualunque luogo fissassi la mia dimora in pianta stabile. Il paradosso è che poi sento il bisogno di un nido tutto mio in cui tornare, il giusto tempo per non lasciarmi risucchiare nuovamente dalla quotidianità.
Ebbene, prima di aprire il blog grazie al part-time facevo un viaggio invernale di tre mesi e mezzo e qualche weekend qua e là per andare a trovare amici conosciuti on the road e i restanti otto mesi non avevo nemmeno i soldi per piangere e mi limitavo a vegetare per cui credo di non esagerare affermando che da quando sono La Globetrotter non si è aperta una porta ma si è spalancato un portone al punto da ritrovarmi oggi a dover rifiutare degli inviti per mancanza di tempo. Figuratevi che sono arrivata persino ad apprezzare il poco tempo che trascorro a Milano, una città che ho sempre vissuto con una certa repulsione e che ora, invece, coltivo come una rubrica sul blog.

Probabilmente molti di voi lo sanno già ma spesso e volentieri i travel blogger, così come i giornalisti di viaggio, sono ospiti di un ente, una struttura ricettiva o chi per essi al fine di promuovere un determinato territorio, brand, albergo, ristorante e via dicendo. Gli influencer e i travel blogger più rinomati sono pagati per questo mentre i blogger alle prime armi, e quelli che non hanno mai spiccato il volo come me, per lo più si accontentano di viaggiare gratis (sempre in senso lato perché gratis non ti da niente nessuno e nove volte su dieci ti devi fare un mazzo che non finisce più in cambio del viaggio gratis). Personalmente non ho mai accettato la promozione di una struttura fine a se stessa perché per quanto bello possa essere, il posto in cui si dorme a mio avviso non fa il viaggio. L’importante è che sia pulito e accogliente, che poi sia un 5***** o il bungalow di un campeggio poco importa. In fin dei conti mi occupo di viaggi, non di life style, ed ecco spiegata la ragione per cui invece ho scelto di partecipare a blog tour e viaggi stampa volti a promuovere il territorio o alcuni aspetti culturali collegati, da quello in Tunisia del 2016 a quello in Tirolo di tre mesi fa.

Ogni travel blogger, chiaramente, aderisce alle proposte di viaggio più affini al suo modo di essere e di concepire il viaggio oltre che al target delle persone che lo seguono. Di base i blog tour non rispecchiano il mio modo di viaggiare – non organizzo mai nulla in anticipo e mi lascio semplicemente trasportare dagli eventi – ma ce ne sono alcuni interessanti. Il blog di fatto c’è per cui sarei una stupida a rifiutare, o sbaglio? In fin dei conti è un modo piacevole per interrompere la monotonia della vita quotidiana sparandomi una dose di energia direttamente in vena. Per me la vita è un susseguirsi di parentesi che si aprono e chiudono e l’unica costante persistente nel passaggio da una parentesi all’altra è la voglia di viaggiare e di raccontare. Quando sono in giro non sento la fame, la sete o la stanchezza, totalmente assorta dalle novità che vivo ora dopo ora, giorno dopo giorno, il che mi ha fatto capire che per me il viaggio è linfa vitale senza la quale, in poco tempo, mi spegnerei. Oddio, sono diventata melensa e sono nuovamente uscita dai binari, chiedo venia.
Diventare travel blogger – anche se piccolo, l’importante è saperci fare e organizzarsi per tempo – ti offre tante chance per risparmiare (sugli alloggi, sui servizi e spesso anche sui trasporti) e, a seconda delle tue capacità, ti consente anche di guadagnare. Perché alla fine, come un po’ in tutti gli ambiti, sapersi vendere è la chiave del successo. Comunque sia il vantaggio c’è anche se non ti pagano perché i soldi che risparmi li puoi poi reinvestire per partire di nuovo. Ed ecco un’altra ragione per la quale La Globetrotter si è dissociata dalla travel blogger. Io vivo abbastanza alla giornata e colgo le occasioni al volo senza programmare mai nulla, so già che prenderei la prima deviazione a destra o a sinistra e avrei buttato via il mio tempo sottraendolo ad attività più proficue. Sono sveglia, non ho detto furba, e se da una parte organizzare un viaggio in anticipo mi carica perché mi fa entrare nel mood, dall’altra lo priva del sapore che amo di più: andare verso l’ignoto, senza sapere cosa mi riserva.

L’altro aspetto positivo da considerare, in fin dei conti lo stesso da cui sono partita, è che condividendo con le community di viaggiatori esperienze, consigli e informazioni, il travel blogger allarga in maniera esponenziale la sua rete di conoscenze e amicizie e se devo dirla tutta questa è la parte della storia che mi ha dato di più. In questi anni di blog e social ho arricchito la mia vita di incontri che in alcuni casi si sono trasformati in vere e proprie amicizie, vicine e lontane. Spesso sono partita con il proposito di passare dal piano virtuale a quello reale (e con la scusa ho scoperto piccoli pezzi di mondo di cui altrimenti sarei rimasta all’oscuro! Visitare i luoghi con chi ci abita ha sempre un valore aggiuntivo!) e altrettanto spesso qualcuno è venuto a conoscere me. Non so voi ma io trovo sia una cosa superlativa!

Il rovescio della medaglia, quello che non si sposa bene con il mio spirito libero, è il dover sottostare a delle regole: se vuoi apparire in prima pagina su Google devi scrivere in ottica SEO a discapito, spesso, della creatività e dell’emotività, mentre sui social devi stare dietro agli algoritmi per capire come, dove e quando postare! Il tuo volto, con il sorriso tatuato sopra, deve essere onnipresente e tu sempre sul pezzo. Ecco, a me tutto questo sta un po’ stretto e chiaramente sta stretto anche alla Globe – sarò pure un po’ retro ma io pubblico quando ho voglia e soprattutto quando ho qualcosa da dire, nel bene e nel male – per cui, pur riconoscendo i vantaggi che possono derivare dall’essere una travel blogger, rispetto il mio spirito anarchico e vado avanti per la mia strada. I soldi me li guadagno scrivendo e accompagnando tour di gruppo e li spendo pagando i miei viaggi per poterli viverli in totale libertà.
Chiaramente, per chi non ha i miei stessi “limiti”, diventare travel blogger è un’ottima opportunità per viaggiare di più, in maniera più strutturata e meno “rosicata”. A me però piace ancora troppo viaggiare con lo zaino sulle spalle, dormire in campeggio, negli ostelli o a casa della gente e rinunciare a qualche must per condividere con i locali un pezzo della loro storia e della loro cultura. Il blog resta il mio spazio, quello in cui lascio fluire i pensieri, racconto storie cercando di essere fonte di ispirazione e ogni tanto, perché no, trasformo le esperienze vissute sul campo in piccole guide di viaggio che siano utili a chi mi legge e non solo piacevoli.
Per aprire un blog di viaggi la passione non basta! Non è sufficiente essere una buona penna e soffrire di wanderlust per riuscirci. Ci vogliono competenze specifiche, grande energia e tanto lavoro per restare costantemente aggiornati, oltre a quel minimo di disciplina che a me manca il che mi ha spinta, già da tempo, ad allontanarmi da questo mondo.
Concludo tornando al punto da cui sono partita, Gente in viaggio, che offre la possibilità di diventare travel blogger togliendoti dai piedi il “lavoro sporco”: la gestione del blog a cui, volente o nolente, dedicherai buona parte del tuo tempo per raggiungere una visibilità e una notorietà tali da consentirti di viaggiare di più. L’ideale per chi ha una vena poetica e la voglia di condividere ma non vuole dedicare l’esistenza a lottare per emergere tra le migliaia di blog di viaggi presenti sul web.

Non voglio con questo rinnegare nulla: La Globetrotter è ormai parte di me e mi accompagna quando son desta e quando dormo, quando sono a Milano e quando sono in viaggio e probabilmente se venisse meno mi sentirei persa, smarrita, ma con il senno del poi non so se ripeterei quest’avventura da sola o se magari, avendo la possibilità di diventare travel blogger senza preoccuparmi eccessivamente di quel che gli ruota attorno, vi confesso che un pensierino ce lo farei!
In fin dei conti condividere con chi ti capisce perché animato dalla tua stessa passione è uno degli ingranaggi di questa splendida macchina chiamata vita…
La Globetrotter
E tu, che idea ti sei fatto del travel blogger? Pensi sia il lavoro più bello al mondo o preferisci vivere il viaggio in maniera un po’ più intima e personale?
Hai trovato questo post piacevole e interessante? Lasciami un commento e condividilo sui social!
Iscriviti alla Newsletter per non perderti le novità settimanali sul blog. Nuovi itinerari, racconti di viaggio, consigli pratici, approfondimenti culturali, partenze di gruppo e tanto altro!
Ti ho letta tutta d’un fiato… post emozionale ed esperienzale bellissimo! E poi quando ti metti virtualmente “a nudo”, oltre a essere più piacevole leggerti, diventi proprio una fonte di ispirazione. Continua così.
Eh lo so bene caro Massi ma sai quanta energia ci vuole a tirare fuori tutto questo? Paradossalmente è più facile scrivere un post in ottica SEO ma si sa, io sono facile solo di nome perché di fatto… un abbraccio e grazie ancora!
Interessante come sempre questa accurata descrizione dell’attività di Travel Blogger, come tutte le attività umane con luci e ombre.
Io non l’ho mai presa in considerazione perché assomiglia troppo ad un ”lavoro” e preferisco limitarmi a scrivere relazioni di viaggio con notizie ad uso degli altri viaggiatori autonomi che, come me, cercano e studiano i diari di viaggio quando ne programmano uno.
Sono uno di quelli che partono solo con l’idea precisa di cosa fare e vedere tutti i giorni del viaggio.
Tornando ai Travel Blogger, non l’ho fatto e non mi sogno di diventarlo in futuro, ma apprezzo molto quelli come te che forniscono notizie utili e emozioni e idee nuove di viaggio: più di una volta ho visitato posti perché ne avevi scritto tu. In questi giorni, per esempio, sto studiando il Pakistan.
Caro Lauro, per me è sempre un enorme piacere averti qui e una grande soddisfazione sapere di aver dato il mio contributo alla causa ispirando un Viaggiatore (con la “V” e non la “v”) come te! Ero rimasta al Libano, sei già al Pakistan? Ma come si fa a starti dietro! Grazie come sempre del supporto, il fatto che la strada del travel blogger non sia la mia non significa che non sia da percorrere, tutt’altro! Specialmente per le giovani generazioni credo sia una manna dal cielo! Un abbraccione
In un mondo dove ormai le passioni lasciano sempre più progressivamente il posto al mero business e dove in parecchi sembrano viaggiare più a scopo lucro che per piacere, non posso che farti, ancora una volta, i miei complimenti.
Parecchi anni fa, 17 per l’esattezza, aprii un sito di viaggi al solo scopo di condividere le mie esperienze, ed ho avuto negli anni la certezza che lo scopo è perfettamente riuscito. Oggi non ho purtroppo più il tempo materiale di aggiornarlo e francamente me ne rammarico.
Il concetto di fondo però rimane, così come l’invariato amore per i viaggi e sovente mi domando se ormai si viaggia più per mostrare e ricavarci qualcosa, rispetto al puro piacere derivante da una sana passione.
Continua così, sempre alla grande e grazie.
Carissimo, che piacere trovarti qui! Non ti conosco personalmente ma nutro una profonda stima nei tuoi confronti per cui sono doppiamente felice di leggerti. Che dire, anche io penso la stessa cosa. Mi capita di vedere su facebook gente che in viaggio pubblica non tutti i giorni ma più volte al giorno! A me questo non è mai interessato, ho cercato di trovare un equilibrio ma non so se l’ho trovato, ecco perché alla fine ho scelto l’anarchia! Continuerò con il mio blog e, soprattutto, con i miei viaggi. Grazie!
Sono onorato di far parte nel mio piccolo della tua cerchia di persone fidate (e che ogni tanto fa addirittura capolino nel blog eheheh). Questo perché abbiamo da sempre lo stesso sentire, le stesse affinità e la stessa visione del viaggio non come mero “mettere bandierine” sul mappamondo ma come autentico viaggio alla scoperta dell’altro, di culture, di avvicinamento rispettoso agli altri esseri umani.
Ed è un percorso difficile, ancora più complesso da raccontare.
E tu lo sai fare! Un abbraccio
R.
Grazie Riky, lo sai che con te andrei ovunque, anche senza smartophone! Un abbraccio
Diventare una blogger di successo richiede pazienza, costanza, sacrificio e duro lavoro. Io non posso che ammirarti per essere riuscita ad affermarti in modo così brillante con il tio blog. Bravissima!
Carissima, sono d’accordo con te! Ci vuole pazienza, costanza, sacrificio e duro lavoro… un po’ ci sono stata anche dietro ma poi ho buttato la spugna e lo coltivo più che altro per diletto! Come fai a vedermi affermata quando mi supera pure chi, con un minimo di competenze, ha aperto il blog ieri? Voi da quanto ce l’avete?
Diana, ieri ho letto il tuo articolo, oggi l’ho riletto perché mi era piaciuto troppo. Quando leggo cosa scrivi mi rivedo esattamente nelle tue parole, è incredibile! Come ti dicevo ieri, vorrei guadagnarmi da vivere scrivendo e viaggiando per il mondo, ma non sono affatto interessata a diventare una travel blogger alias influencer, perché i blogger oggi giorno, che ci piaccia o no, si sono convertiti in influencer, e non è assolutamente questo il mio scopo dato che odio Instagram.
Amo gli ostelli, conoscere gli altri backpacker come me e condividere con loro le storie dei miei viaggi, perché per quanto io ami i miei amici e la mia famiglia, loro non mi possono capire.
Non mi interessa collaborare con un hotel di Rio de Janeiro, ad esempio, e dormire gratis in una delle suite della struttura, quello non è viaggiare per me.
Ora ho 27 anni con 3 anni di esperienza in marketing e comunicazione, e so perfettamente che se continuassi a lavorare in azienda riuscirei a fare carriera e magari a guadagnare un bel mucchio di soldi. Ma questo non è quello che mi fa felice. Ogni giorno quando la sveglia suona alle 6.30 penso: “ma è davvero questa la vita che voglio?” è la risposta è sempre no. Per questo motivo ho deciso di mollare tutto e darmi al giornalismo freelance, che spero un giorno possa portarmi a guadagnare abbastanza, ma sicuramente non quanto potrei guadagnare lavorando in una multinazionale come sto facendo adesso.
Dunque sono arrivata alla seguente conclusione: meglio essere libera e guadagnare il giusto, che essere benestante ma schiava del sistema e con la perenne sensazione di sentirmi in gabbia.
Odio la monotonia, ho bisogno di muovermi, che senso ha la vita se viviamo lo stesso giorno 365 giorni all’anno?
Carissima Lucia, non ti conosco personalmente ma sento già una gran bella affinità con te (e nel weekend ti scriverò anche per la faccenda del Brasile). Che dire, dal mio punto di vista hai fatto la scelta migliore! Abbiamo una sola vita ed è nostro dovere cercare di trarne beneficio facendo ciò che amiamo realmente perché l’unica cosa che le dà un senso, almeno dal mio punto di vista, è la passione. Le cose fatte con passione danno sempre buoni risultati, magari non saranno quelli che ci eravamo prefissati all’inizio ma a qualcosa portano, ed è qualcosa di buono. Io sono felice, ho raggiunto quel che volevo (che come per te è viaggiare e scrivere), non è assolutamente un mondo facile ma credo ci sia posto per tutti, specialmente per chi, come noi, desidera emozionare, cosa sempre più rara da trovare! Per cui che altro dire, in bocca al lupo! E chissà che non ci si veda in Brasile a gennaio. Per il momento ti abbraccio forte… e grazie di essere qua!
Anch’io odio la monotonia, ma lavoro per potermi pagare i viaggi che faccio. Ci sono tante tipologie di travel blogger, secondo me ognuno deve decidere cosa sia giusto per sé e comportarsi di conseguenza. Io posso solo invidiare, in senso buono, i tanti viaggi che hai fatto
Concordo perfettamente con te Stefania! La mia infatti non è assolutamente una critica ma il riconoscimento di un mio limite che non lascia spazio alla travel blogger e forse, probabilmente, anche in virtù dei tanti viaggi che ho fatto in assoluta libertà! Per fortuna siamo diversi, ognuno ha le sue peculiarità, altrimenti davvero ci sarebbe da spararsi… Un abbraccione e il mondo è li, che ti aspetta
Ti ho letta tutta d’un fiato e mi sono ritrovata tanto nelle tue parole e nelle emozioni che ho percepito tra le righe.
Non è un settore facile – ma d’altronde quale lo è ? – e tuttora io cerco di capirci qualcosa.
Ti faccio i miei complimenti perchè nell’era del “ma dove vai se centomila followers non ce li hai” tu hai il coraggio di dissociartene, e nel frattempo riuscire comunque a emergere nel mare di travel blogger e blog di viaggi che esistono sul web. Brava.
Ti faccio tanti auguri per il futuro.. io continuerò a seguirti ovviamente 🙂
Un saluto dalla nebbiosa Milano di stasera!
Cara Melania, intanto visto che siamo entrambe di Milano e nessuna delle due, credo, vanta 100.000 followers perché non incontrarci e confrontarci davanti a una bicchiere di vino o un caffè? Detto questo… io nasco come viaggiatrice con la passione della scrittura il che teoricamente confluisce nella figura del travel blogger ma questo fino a quando non acquisisce quei 100.000 follower che lo trasformano in un addetto marketing. Non voglio generalizzare ma questa è l’idea che mi sono fatta in questi anni… ciò non significa che non vado avanti a viaggiare e scrivere e forse è questa la ragione per cui c’è chi mi segue. Non credo di emergere ma dico anche meglio pochi che buoni… un abbraccio dalla calda Iquitos, amazzonia peruviana!
Pingback: Diana Facile: la Travel Blogger che passa 6 mesi all'anno in viaggio