E finalmente giunge il momento della mistica Bagan. Un altro dei must della Birmania. Un luogo idilliaco, quasi irreale, quantomeno nel mio immaginiario.
Anche Bagan mi accoglie all’alba: assistere al sorgere del sole sulla piana deve essere un’esperienza incredibile per cui deposito velocemente il mio zaino alla guesthouse di Nyaung-U dove alloggerò e salto su un calesse per raggiungere il sito.
Inutile dire che lo scenario che si profila davanti ai miei occhi è a dir poco evocativo. Pagode, pagode e ancora pagode che si ergono sontuose in mezzo alla vegetazione e incarnano in pieno lo spirito di cui è intriso il paese. Il buddhismo permea ogni aspetto della vita birmana anche se credo che Bagan sia uno di quei luoghi in cui l’immaginazione gioca un ruolo preponderante e il misticismo che ci si aspetta di trovare non ha il suo corrispettivo nella realtà.

Secondo la leggenda il sito di Bagan deve il suoi natali a una profezia del Buddha ma fu grazie al re Anawhahta e alla presa di Thaton nel 1057 che iniziò il suo apogeo economico, culturale e religioso. L’invasione dei mongoli nel 1287 ne segnò invece la fine: in seguito al rifiuto di rendere omaggio a Kublal Khan, la città venne saccheggiata e rasa al suolo e molte reliquie religiose andarono irrimediabilmente perdute. Ai tempi del suo apogeo, tra il XI e il XIII secolo, Bagan – che sorge sulla riva orientale del fiume Ayeyarwady, nella Birmania centrale – contava oltre 4.000 templi disseminati su una superficie di circa quaranta chilometri quadrati ma attualmente ne sono rimasti all’incirca duemila.
Fra tutte spiccano la Paya Shwezigan, una delle strutture più sacre e significative del sito nonché la prima ad aver ospitate tra le sue mura immagini dei Natz (spiriti buddhisti con il potere del bene e del male) e il Patho Ananda, un capolavoro simmetrico che incarna lo stile architettonico Mon (con qualche influenza proveniente dall’India del Nord) e che riflette chiaramente il passaggio dal primo periodo a quello intermedio nell’architettura del centro religioso.

Ebbene, è proprio qui, al Patho Ananda, che il mio desiderio sembra realizzarsi. Dopo aver visitato un numero cospicuo di pagode sotto i raggi inclementi del sole, infatti, decido di fare una sosta e rilassarmi un po’. Non distinguo più un tempio dall’altro, un Buddha dall’altro.
Sono assorta nei miei pensieri quando una donna, una venditrice per la precisione, mi invita ad avvicinarmi. Ha l’aria dolce, come tutti i birmani, e istintivamente raccolgo il suo invito. Sento il bisogno di comunicare con qualcuno, anche solo a gesti. Invece la donna mi sorprende con un inglese fluido e corretto e iniziamo a chiacchierare del più e del meno.

Mi racconta di lei, della sua vita: madre di sei figli ormai adolescenti, ha lasciato il marito anni orsono perché la picchiava e da quel dì vive in un monastero. Insiste nel farmi dei regali, dice che non le interessano i soldi ma il piacere della mia compagnia e l’idea di conoscere gente proveniente da paesi lontani. E poi, aggiunge, non è educato rifiutare un regalo che viene dal cuore. Non mi resta che accettare e, ovviamente, aprire le danze con lo shopping alla sua bancarella. Prima di congedarmi, mi invita a raggiungerla l’indomani al monastero per il pranzo! Questo sì che sarebbe un bel regalo, penso in preda all’entusiasmo mentre le chiedo di raggiungermi in guesthouse la sera per accordarci sui dettagli.
Saluto Bagan con uno splendido tramonto sulla cima del Dhammayangyl Pahto, il tempio più imponente e massiccio del sito nonché una delle costruzioni più singolari e intriganti di tutta la piana. Lo spettacolo al tramonto mi regala emozioni tanto intense quanto quelle dell’alba: la pianura disseminata di palme e pagode si eclissa sotto il cielo che improvvisamente si tinge di rosso prima di sfumare in tonalità sempre più tenui che sprigionano nell’aria un senso di pace infinita.

Sono appena uscita dalla doccia quando la mia nuova amica bussa alla porta. Sono d’accordo per andare a cena con quattro italiani conosciuti in guesthouse – generalmente evito i compaesani all’estero ma le mie corde vocali hanno bisogno di essere lubrificate – e decidiamo, di comune accordo, di invitarla a cena. È lei a proporci il ristorante, il migliore di tutta Nyaung U con prezzi decisamente al di sopra del mio budget giornaliero. Poco male, per una sera si può fare, penso estasiata all’idea di scoprire qualche nuovo aspetto della gastronomia locale. Mi sorprende il fatto che la nuova amica venga accolta come una di casa ma decido di non prestare attenzione alla vocina che vuole insinuarsi dentro di me.
Nel corso della cena, dopo aver esteso l’invito per l’indomani al resto del gruppo, ci parla di un posto magico nei pressi di Bagan che suona al nome di Monte Popa, una sorta di Olimpo birmano dimora spirituale dei 37 Nats. Il suo entusiasmo è coinvolgente e decidiamo tutti insieme di dedicare il giorno seguente al Monte Popa: di pagode ne abbiamo viste a iosa e una gita in un luogo fuori dagli itinerari battuti ci solletica non poco.
– Bisogna partire presto – si raccomanda lei – in modo da rientrare in tempo per pranzare al monastero.
– Ma non è troppo tardi per prenotare un’escursione in agenzia? – le chiedo mentre affondo il cucchiaio in un piatto di Mohinga.
Eh sì, in effetti è un po’ tardino ma, guarda caso, lei ha un amico automunito che ci potrebbe accompagnare al Monte Popa per un prezzo di favore. La puzza di bruciato si sta diffondendo in tutto il ristorante ma l’idea del pranzo al monastero ha comunque il sopravvento per cui concludiamo l’affare per il giorno dopo.
Insomma, credo che l’epilogo della storia sia chiaro a tutti!
Il Monte Popa non ha assolutamente nulla di quel che immaginiamo ma la delusione vera, quella più cocente, è il sentirci comunicare, poco prima del pranzo, che i monaci non hanno accordato il permesso di pranzare con loro al monastero! Se l’abbiano avvisata tramite telefono o telepatia non lo so… di fatto l’ora del pranzo è passata da un pezzo, quantomeno quella dei monaci che, è risaputo, consumano l’ultimo pasto alle 11 del mattino!

A volte il desiderio di sperimentare cose nuove e di impregnarci del colore locale ci annacqua completamente il cervello… per la seconda volta in pochi giorni concludo la giornata con l’amaro in bocca! Perché poi, una volta saldato l’amico per la disponibilità, la cara ragazza sembra aver dimenticato sia le buone maniere che l’inglese e ci saluta a stento con due parole.

Io sono positiva di natura e cerco ancora di ancorarmi all’idea dell’Eden terrestre che mi ero costruita prima di venire qui anche se, lo confesso, sono sempre più scoraggiata… voi al posto mio come avreste reagito?
La Globetrotter
ciao diana, molto bello il tuo reportage con foto del Myanmar ( il paese che più amo nel sudest asiatico) credo che un tramonto a bagan valga da solo un viaggio fin li .
hai perfettamente ragione Riccardo, il tramonto e l’alba sono due momenti magici a Bagan! Ma non solo… l’atmosfera che si respira nella piana è qualcosa di incredibile!
un posto meraviglioso!!!
Un posto mistico vero? in cui ognuno trova quel che cerca…
Diana, voglio sapere perché non ti sconfinfera.
Dicci tutto 😛
Caro Narrabondo… a breve uscirà un articolo in tre tranche sul mio viaggio in Birmania.. li capirai perchè non mi sconfinfera! Ora sono a Rio… domattina Salvador! tutto il resto è lontano… baci
Cara Diana, viaggiando si possono o fare esperienze belle o brutte, ma alla fine quello che conta è “l’ essenza ” del luogo e della Gente del Paese” quel che conta. .che racconta la Birmania!
Ovviamente tutti abbiamo un forte ascendente sulle varie zone del mondo e sicuramente l’Asia non é la zona del mondo da te preferita. ..
Personalmente amo l’Asia e moltissimo questa zona del mondo nella penisola Indocinese … Cambogia e Birmania poi le amo ancor più. ..popoli che hanno sofferto e che sanno sorridere con immensa dignità!
Nell’ultimo mio viaggio, un mese in Myanmar ( ex Birmania )… Questo magnifico Paese mi ha donato la bellezza di un abbraccio in un sorriso !
E ciò senza parlare della immensa bellezza insita in questo angolo di Mondo!Unica e irripetibile, sotto i profili della Storia, della cultura, della Natura…e vi tornerò! !
Mimma..
Domenica Palamara.
Grazie mille Domenica per aver arricchito il mio racconto con tanto entusiasmo!
E’ vero, l’Asia non è il mio continente preferito, quello – diciamo – con cui ho una migliore sintonia, ma non ho nemmeno nulla contro anche perchè, India e Birmania a parte, non conosco altro! E, a dirla tutta, non conosce nemmeno India e Birmania, troppo poco il tempo, troppo difficile comunicare con la gente, ma una cosa è certa… che quanto accaduto avrebbe potuto accadere ovunque, per cui non intendo demordere! Ci tornerò… ci tornerò presto! E poi ti saprò dire…
un abbraccio
Grazie Diana della tua risposta…ciò che conta in Paesi come la Birmania o come il Mali o il Brasile, per rimanere in Paesi a te cari e che senza alcun dubbio amo anche io, sono il contatto con la gente..il sorriso dei bambini, sono sempre gli attimi più intensi e con una carica emozionale infinita che donano la voglia e la forza di andare e di ritornare!
Le azioni poco corrette sono sempre a carico del soggetto che le ha commesse …e non rappresentano il Paese che lo ospita o che gli ha dato I natali!!!!
In ogni Caso. ..Mi spiace Diana per la disavventura che ti é capitata!
Ciao carissima e..a presto!!
Concordo in pieno Domenica! Le azioni poco corrette sono sempre a carico del soggetto che le ha commesse, in qualunque parte del mondo accadono! Chissà, magari un giorno tornerò in Birmania, conosco pochissimo l’Asia, anzi a dirla tutta non la conosco per niente e forse è arrivato il momento di provare a entrare in confidenza anche con lei. Un abbraccio e riprenditi presto…
volevo sapere se è obbligatorio fare le vaccinazioni , per visitare la Birmania ?
Ciao Sonia, di obbligatorio credo non ci sia nulla. Io sono vaccinata contro epatite a vita, per il resto non ho fatto nulla. Quindi è a tua discrezione…