Latacunga è una cittadina senza né arte né parte che vanta il privilegio di essere la porta di accesso a due delle meraviglie dell’Ecuador: il vulcano Cotopaxi e la Laguna di Quilotoa. Sono raggiungibili entrambi da Quito con escursioni di un giorno ma allo sbattimento fisico, non indifferente, si aggiunge il costo dei tour che non è da sottovalutare.
Le agenzie della capitale propongono escursioni in giornata sia per il Cotopaxi (50 $) sia per la Laguna di Quilotoa (45 $) – prezzi del mese di gennaio 2017 – e considerato che sono comprensive di tutto non le trovo care. Tuttavia, visto che da Latacunga il Cotopaxi è raggiungibile spendendo 2 $ e la Laguna di Quilotoa 5 $, facendo quattro conti credo valga assolutamente la pena passare un paio di giorni in questa cittadina anonima, ma nemmeno poi così sgradevole. Tra l’altro, se la giornata è serena, da Latacunga si gode di un panorama mozzafiato.
Tra le nubi del Cotopaxi
Il Cotopaxi è il vulcano attivo più alto al mondo e l’immagine della sua cima innevata è sufficiente a suscitare desideri proibiti. Pur non essendo mai stata una grande frequentatrice di montagne, uno dei miei sogni è sempre stato quello di raggiungere la vetta del Cotopaxi, a 5.897 metri di altezza. A volte l’ignoranza gioca brutti scherzi perché era e resterà un sogno. Arrivare ai 4.810 metri del Refugio José Rivas mi è stato sufficiente a farmi capire che non ce l’avrei mai fatta. E non solo, o non tanto, per lo sforzo fisico (bello tosto!) quanto per l’altitudine che toglie letteralmente il fiato. Insomma, una si crede anche wonder woman ma poi è costretta a fare i conti con la realtà e accettare i suoi limiti.
Non è mia abitudine decantare imprese impossibili per raccogliere consensi e a scanso di equivoci tengo a precisare che per raggiungere i 4.810 metri avrò camminato si e no quarantacinque minuti, ma quei quarantacinque minuti sono durati un’eternità. A quell’altezza il cuore batte all’impazzata, i piedi si sollevano a fatica e se, come nel mio caso, nevica anche, direi che siamo a cavallo. Quarantacinque minuti in cui ho respirato a pieni polmoni l’aria rarefatta e, come tante altre volte nella vita, mi sono chiesta perché mi stavo facendo gratuitamente del male. Lungo il tragitto ho visto gente sdraiata a terra che non riusciva a respirare e mi consolava l’idea che se mai mi fosse successa la stessa cosa, qualcuno sarebbe accorso in mio aiuto.
Uno dei lati negativi del viaggiare da soli!
Come ho fatto a raggiungere i 4.810 metri di altezza camminando solo quarantacinque minuti? Che poi, ironia della sorta, in discesa sono diventati a dir tanto sette! Semplicemente non sono una stupida! Il vulcano si trova all’interno del Parque Nacional del Cotopaxi, esattamente a 22 km dall’entrata che si possono benissimo fare in macchina quindi perché non approfittarne? Io 22 km in pianura li faccio senza batter ciglio, ma in salita li evito più che volentieri. Così c’ho impiegato poco a tirare fuori un dito e farmi portare fino al parcheggio da cui poi, inevitabilmente, ho iniziato la salita.

Comunque sia, e non lo dico per tirare l’acqua al mio mulino, farla a piedi non sarebbe stato un valore aggiunto. Il panorama, arido e secco, non offre grandi spunti di ispirazione per cui a che pro massacrarmi oltre misura? Dal parqueadero ci sono due cammini.
Il primo è più lungo ma meno irto mentre il secondo, teoricamente più breve, è il più difficoltoso. Ovviamente la volpona, che ripeto non è una frequentatrice di montagne, ha optato per il più breve. “Ce la fanno tutti, perché mai non dovrei farcela io?” – mi sono detta, salvo pentirmene poche decine di metri dopo la partenza. Ma visto che non mi correva dietro nessuno ho pensato di andare avanti e quando ho visto il rifugio profilarsi all’orizzonte ho esultato di gioia.
Era così vicino e così lontano al tempo stesso. Mi sono voltata indietro per scattare una foto e un minuto dopo il rifugio era sparito, letteralmente ingoiato dalle nubi. Ma ormai l’avevo visto, sapevo che c’era, a un paio di centinaia di metri da me. Non so quante volte mi sono seduta lungo quei duecento metri ma quando sono giunta al fatidico cartello il mio cuore, di colpo, ha smesso di battere come un forsennato e mi ha dato tregua. É stato un momento impagabile, uno di quelli che ti resta dentro per il resto della vita. Nonostante la neve, il freddo, il vento e chi più ne ha più ne metta, raggiungere quantomeno il primo rifugio ha rappresentato per me la realizzazione di un sogno. E che cos’è un viaggio se non un sogno che si realizza?

Sulle acque della Laguna di Quilotoa
Sulla laguna di Quilotoa c’è ben poco da dire. Le immagini si commentano da sole. Un cratere vulcanico dalle acque verdi cristalline situato a 4.000 metri d’altezza. La vista, dall’alto, è impressionante e scendere fino alla base del cratere è una passeggiata. Un po’ meno risalire: 500 metri di dislivello, sotto il sole cocente, non sono da tutti tant’è che molti approfittano della presenza dei taxi-mulo per evitare la faticaccia. Non è il mio caso. Piuttosto che appesantire quelle povere bestie, visibilmente stremate, me la sarei fatta sulle ginocchia. E poi, inutile a dirsi, puoi immaginare la mia soddisfazione quando finalmente sono arrivata al punto da cui ero partita! Farmela in groppa a un povero asinello non sarebbe stata la stessa cosa anche se, inutile a dirsi, gli ultimi metri sono stati davvero duri.
Il cielo terso è stato il valore aggiunto a una giornata di pace e serenità e mi ha regalato, al ritorno, una delle immagini indelebili di questo viaggio. Quella del Cotopaxi al tramonto che mi ha tenuta inchiodata con il naso al finestrino dell’autobus fino a quando non l’ho visto defilarsi all’orizzonte. Il paesaggio, che tra Latacunga e Quilotoa scorre come un film al rallentatore, è a dir poco meraviglioso. Canyon, vallate, montagne scolpite e villaggi isolati si susseguono l’un l’altro senza soluzione di continuità. Sarebbe bello riuscire a tenere gli occhi sbarrati per non perdersi nemmeno un istante di quel viaggio lungo, stancante – circa due ore e mezzo di autobus – ma così tremendamente ricco di forme e colori.

Il Cotopaxi e la Laguna di Quilotoa: due storie d’amore
Narra la leggenda che il Cotopaxi, uno dei guerrieri più cruenti della cosmovisione andina, combatté per decenni contro l’avversario Chimborazo per amore della bella Tungurahua. Le eruzioni, che distrussero più volte la città di Latacunga, furono lo strumento utilizzato dai colossi per attrarre l’attenzione dell’amata. Una guerra che durò a lungo e che tra gemiti, tremori, vapori e ceneri, si concluse con la vittoria del Chimborazo che fece di Tungurahua la sua sposa. Dalla loro unione nacque un erede, il Guagua Pichincha, i cui lamenti provocano ancora oggi le eruzioni di Tungarahua, la madre, e del Cotopaxi, l’amante sconfitto.
Anche la laguna di Quilotoa è avvolta da un’aurea leggendaria, quella della bella pastora che si innamorò del condor, messaggero del dio Pachapamac, e fuggì con lui. I genitori della giovane la trovarono e la rinchiusero in isolamento ma lei, disperata, iniziò a mandare segnali di fumo fino a quando l’amato la trovò e la liberò. La bella pastora si trasformò allora in un condor e ancora oggi sorvolano insieme l’intera provincia di Cotopaxi.
Adoro le leggende…

Come raggiungere il Cotopaxi e la Laguna di Quilotoa da Latacunga
Per raggiungere il Cotopaxi da Latacunga è sufficiente prendere un autobus diretto a Quito e scendere all’altezza del Parque Nacional Cotopaxi. Il costo del biglietto, andata e ritorno, è di 2 $. All’ingresso del parco è necessario registrarsi con il passaporto. Taxi e guide attendono all’esterno come avvoltoi.
Ti dirò, una guida non è assolutamente necessaria. Non ti porterà in spalla né tantomeno ti regalerà ossigeno, e se ce l’ho fatta io che avrò fatto trekking si e no una decina di volte in vita mia, ce la possono fare tutti. Trovare un passaggio durante il weekend è facilissimo, un po’ meno durante la settimana per cui magari potrebbe essere necessario noleggiare un taxi. A me hanno chiesto 10 $ che sono diventati 5 pochi minuti dopo. Così, giusto per farti un’idea.
La Laguna di Quilotoa dista invece due ore e mezzo da Latacunga. Conviene prendere il primo autobus, quello delle otto, per sfruttare a pieno la giornata. L’andata e ritorno costa 5 $ e ti dirò che con il senno di poi mi sarei fermata a dormire lì. Quilotoa è piena di ostelli e il luogo è davvero magico. Tra l’altro, oltre alla discesa al cratere, è possibile fare un trekking attorno al cono vulcanico che comporta una camminata di circa sei ore per cui, dal mio punto di vista, vale la pena trascorrerci almeno due giorni.

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Ottime utili informazioni per un prossimo viaggio in Ecuador. Molto belle anche le foto.
Brava e grazie.
Ciao.
Grazie Lauro, piano piano s’impara a trovare il giusto compromesso!
Un abbraccione
Mi sembra sia valsa la pena dover affrontare così tanto cammino!! Ottime proposte anche queste, cara la nostra globetrotter…buon proseguimento!
Assolutamente si, hai visto che paesaggi? Direi che dopo gli USA potreste animarvi per il Sud America, visto che stai anche prendendo lezioni… o no???
baci
Bellissima l’avventura in solitaria, senza dubbio. Tuttavia, ho letto sul sito “viaggiare sicuri” che anche questa zona non è immune da delinquenza e criminalità a danno di turisti.
Volevo chiederti se hai realmente percepito la situazione poco rosea e quali precauzioni hai preso per eventuali situazioni in cui nessuno vorrebbe capitare.
Ciao Gerardo, per esperienza ti dico che il sito di “viaggi sicuri” è un po’ troppo allarmista. Non so dove vivi tu, io vivo a Milano e credimi, certe volte la sera se sono in giro da sola fuori dalle zone più battute non mi sento sicura, esattamente come posso non essermi sentita sicura in Ecuador. Tra tutti i paesi che ho visitato in America Latina, l’Ecuador è attualmente uno dei più tranquilli. La delinquenza c’è come in qualunque altro paese, sudamericano e non. Poi ovviamente, come dico sempre, un po’ di buon senso. Fare gli eroi un America Latina, come in nessun’altra parte del mondo, non ha senso. Sono paesi poveri in cui anche pochi dollari fanno la differenza e se incappi nella persona sbagliata rischi di beccarti una coltellata. Quello che ti posso raccomandare e che vale un po’ per tutto il mondo… tieni sempre a portata di mano degli spiccioli, non ostentare, cerca di tirare sempre fuori tagli piccoli e, soprattutto, non andare a metterti in situazioni non piacevoli tipo cercare droga e via dicendo. Detto questo, io dal 2011 al 2017 ho trascorso da sola quasi mesi l’anno girando da backpacker e solo una volta ho avuto problemi, in Brasile, e a dirla tutta me la sono anche andata a cercare perché ho abbassato la guardia e sono andata in spiaggia di sera da sola laddove sapevo che non era raccomandato.
Spero di averti tranquillizzato.
Diana