Ti capita mai di arrivare in un luogo e trovarti letteralmente senza parole? A me si, non di frequente ma succede. Non ultimo alla fine di febbraio quando sono giunta al Bunyonyi Lake, nel sud dell’Uganda. Un sogno, concedimi la licenza, da luna di miele.
Uno di quei luoghi da vivere con la tua dolce metà, se ce l’hai, e che ti porterà invece a rimpiangere la tua libertà, se non ce l’hai. Ma è giusto questione di un attimo prima che lo sconforto iniziale lasci il posto al piacere di trovarti in un luogo talmente bello da sembrare irreale.
A onor del vero, paesaggisticamente parlando, tutta l’Uganda ha un po’ dell’irreale. Io ho battezzato l’Africa più di dieci anni fa con il Sahel e i suoi dintorni per cui capirai bene il mio stupore nel trovarmi di fronte a un paese così rigoglioso e florido.
Terra di laghi, colline e montagne, oltre che di primati, l’Uganda ti inebria con i suoi colori, i suoi profumi e i suoi scorci mozzafiato. Non c’è stato giorno, nelle settimane trascorse laggiù, che non mi abbia riservato delle sorprese in un continuo crescendo di emozioni.
Dalle Sipi Falls, gioiellino estraneo al turismo di massa (sempre che in Uganda si possa parlare di turismo di massa! È una meta che, visti i costi, non è certo alla portata di tutti!), alla quiete e la tranquillità dei Crater Lakes di Fort Portal; dall’emozione del Kazinga Channel e del Queen Elizabeth National Park, dovel ho realizzato il sogno di incontrare i felini, all’adrenalina di mettermi sulle orme del Gorilla di Montagna al Bwindi Impenetrable Forest National Park. Momenti talmente intensi che ancora oggi, al solo rievocarli, mi si allarga il cuore.
Ebbene, il Bunyonyi Lake è stato l’apoteosi. La conclusione perfetta di un viaggio perfetto in un’Africa ancora ben lontana dalla perfezione! Ma l’amiamo lo stesso, anzi, forse l’amiamo proprio per questo.

Situato tra Kabale e Kisoro, in prossimità della frontiera con il Rwanda, il Bunyonyi Lake è il lago più bello di tutta l’Uganda nonché – pare – il secondo più profondo del continente. Nelle sue acque, che ricoprono un bacino di venticinque chilometri di lunghezza per sette chilometri di larghezza, fluttuano ventinove isole tra cui la leggendaria Akampene Island, nota anche come the Punishment Island.
Il nome mi sembra piuttosto eloquente e “leggendaria” è un eufemismo visto che la storia della Punishment Island, oltre a essere decisamente tetra, è dannatamente reale.
Devi sapere infatti che su questa minuscola isola, fino alla prima metà del secolo scorso, venivano portate – e abbandonate – le ragazze rimaste incinta fuori dal matrimonio. Tre le possibilità per le povere fanciulle: morire di fame, morire annegate nel tentativo di raggiungere la terraferma a nuoto o diventare le mogli di chi, non avendo soldi o mucche per pagare la dote, si recava sull’isola, ne riscattava una e se la portava a casa per farne la sua schiava. Interessante salto culturale nella storia di un paese così distante da noi e non solo in senso spaziale, non ti pare? Se ti interessa approfondire l’argomento, lo scorso anno è un uscito un documentario – Punishment Island, come l’originale – della regista Laura Cini che si è aggiudicata il primo posto al Festival Visioni dal Mondo – Immagini della Realtà di Milano.
Nonostante questa nota macabra, il Bunyonyi Lake è un incanto dove il tempo sembra essersi fermato. Io quantomeno l’ho percepito così e seguendo la mia indole lenta e rilassata – in particolare quando sono in viaggio – mi ci sono fermata un’intera settimana cercando di viverlo a trecentosessanta gradi, senza mai esserne paga a sufficienza.

I primi due giorni, di ritorno dal Gorilla Tracking, sono letteralmente volati su una delle isole – Hombird Island se non ricordo male – con Noemi e Brian, miei compagni di avventure in Uganda. E stato evidente fin da subito a tutti che non si trattava di un luogo comune.
Ci siamo arrivati di sera, in boda boda da Kabale, ancora carichi di adrenalina per l’incontro con il primato. Ci siamo arrivati costeggiando il lago fino al porticciolo da cui partono le imbarcazioni dirette alle isole e ai villaggi che punteggiano la costa del lago. Lungo il tragitto, nonostante il timore costante di cadere dalla moto, ricordo di aver pensato alla grande fortuna riservatami dalla vita rendendomi partecipe di tanta bellezza! La strada non asfaltata, la brezza del vento sulla pelle e il riflesso delle luci nelle acque scure del lago non hanno fatto altro che consolidare il mio colpo di fulmine per questo paese.
Al momento di congedare gli altri due scapestrati – Noemi si preparava a scalare il Monte Kenya e Brian a bordo della sua motocicletta si dirigeva a Cape Town – ho realizzato di non essere ancora pronta ad andarmene e in men che non si dica ho accettato l’invito di Joshua, un ragazzo conosciuto tramite il Couchsurfing, a trascorrere un paio di giorni da lui con la sua famiglia. L’esperienza con i locali in Uganda mi mancava e per me vivere la gente è il modo migliore per vivere il luogo.
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Così ho trascorso tre giorni in un piccolo villaggio a bordo lago, senza acqua corrente né energia elettrica, in totale sintonia con il creato. Una figata! Probabilmente, se mi avesse avvisata per tempo, c’avrei pensato su due volte prima di scaricare completamente la batteria del cellulare e del powerbank ma ogni tanto disintossicarsi dalla tecnologia ha il suo perché. Siamo così abituati ad avere tutto a portata di click che non appena veniamo privati di internet per più di qualche ora ci sentiamo persi, smarriti. Fino a qualche anno fa tutto ciò non esisteva e si viaggiava benissimo ugualmente, ora sembra che senza connessione con il mondo virtuale non solo non si possa viaggiare ma nemmeno vivere. E io, lo riconosco, non faccio distinzione. Tuttavia, superato il momento iniziale, ho ringraziato Joshua silenziosamente per non avermi detto nulla al riguardo. Era quel che mi ci voleva per riequilibrare le energie, a tu per tu con me stessa.
E quando ormai, a malincuore, mi accingevo a riprendere la strada verso il Rwanda, la sorte ha voluto che incontrassi Robert, proprietario del Lake Bunyonyi Rock Resort, che dopo aver saputo del mio blog – e va beh, lo sventolo ai quattro venti, c’è qualcosa di male? – ha insistito perché trascorressi un paio di giorni nel suo paradiso. Potevo forse rifiutare? Essere una backpacker non significa essere una stupida!
Una location incredibile in un luogo altrettanto incredibile che mi ha fatto rimpiangere, ribadisco, la mia libertà. A volte, come in questo caso, il prezzo da pagare si fa sentire. Alla fine sono un essere umano e desidero, come tutti, avere qualcuno con cui condividere questo splendido mondo e questa splendida vita.

Ecco, è meglio chiudere qua, con i colori e il ricordo del Bunyonyi Lake che a distanza di tempo e di spazio ancora mi scaldano il cuore.
La Globetrotter
Se cerchi spunti per organizzare un viaggio nella Perla d’Africa, leggi il mio post UGANDA: ITINERARIO E CONSIGLI UTILI PER UN VIAGGIO FAI DA TE oppure clicca QUI per tutti i racconti on the road.
Sono stata ospite del Lake Bunyonyi Rock Resort durante il mio viaggio in Uganda e le opinioni espresse sulla struttura sono assolutamente imparziali e obiettive altrimenti non lo consiglierei sul mio blog.
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Belle foto ottima descrizione del luogo che danno il senso di pace è tranquillità che regna scandito da un ritmo consone al tuo modo di viaggiare.il tutto condito con una vena di romanticismo che rende il pezzo piacevole da leggere.
Grazie Alfonso! Il Bunyoni Lake è un luogo meraviglioso fatto di pace e serenità… ne avrei bisogno ora!