Hai mai sognato di catapultarti nel passato per ripercorrere le orme dei nostri avi? Se la risposta è affermativa, sali con me sulla macchina del tempo che ci trasporterà nella Buenos Aires di fine Ottocento e riscopriamo insieme quel che era, e quel che resta, delle nostre radici “americane”. La Boca e il Caminito.

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Tra i colori del Caminito (@Pixabay)

L’Italia a Buenos Aires: La Boca e il Caminito

Siamo a La Boca, un quartiere situato nella zona sud-est della capitale, laddove il Riachuelo incontra le acque del Rio de la Plata. Alcuni storici ritengono che questo sia il luogo in cui Pedro de Mendoza fondò la città di Buenos Aires. Era il 1536 e La Boca altro non era che un quartiere di baracche dove alloggiavano gli schiavi provenienti dall’Africa. L’area, una delle più degradate della città, non tardò a sfruttare la sua posizione strategica e si sviluppò come zona portuale, peraltro di un certo rilievo.

Alla fine del XVIII secolo assistiamo all’esodo in massa dal Vecchio Mondo di un gran numero di italiani, in prevalenza genovesi. Sbarcarono a La Boca e vi si insediarono, conferendo al quartiere la sua attuale fisionomia.

I nuovi abitanti si distinsero subito per il mix di allegria caciarona e, al contempo, di nostalgica malinconia della terra d’origine. Di fatto non abbandonarono mai le loro radici, continuando ad esprimersi in dialetto genovese e animando il quartiere di circoli sportivi e culturali. La spiccata sensibilità per l’arte ne fece, fin dagli albori, un crogiolo di cantanti, musicisti, poeti e artisti plastici.

È da una di queste espressioni culturali che nasce Caminito, uno dei luoghi più caratteristici di tutta Buenos Aires. Lungo questa strada, nel cuore de La Boca, i nostri trisavoli innalzarono i conventillos, costruzioni in legno e lamiera colorata che all’interno ospitavano piccole abitazioni, con una cucina e un bagno condivisi per tutte le famiglie.

Narra la leggenda che il patchwork di colori che anima questa stradicciola, non più lunga di un centinaio di metri, sia il frutto dell’avarizia dei genovesi che non avrebbero mai sprecato soldi per comprare la pittura necessaria a dipingere le case e mendicarono presso i cantieri navali i resti di pittura delle barche. Ciò spiegherebbe la molteplicità cromatica del quartiere.

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Le case (conventillos) del Caminito (@Pixabay)

Ed è passeggiando per questa strada acciottolata che Juan de Dios Filiberto e l’amico Gabino Coria Peñaluza composero il celebre tango El caminito. Se non lo conosci, ascoltalo. Era il 1926. Successivamente un gruppo di intellettuali capeggiati dal pittore rese omaggio alla tradizione tanguera e nacque Caminito, inaugurato come museo a cielo aperto il 18 ottobre 1959.

Gironzolare oggi per La Boca e Caminito significa respirare ancora quell’energia che ha ispirato le migliori creazioni artistiche e popolari dell’epoca.

I colori vivi e accesi delle case dai balconi irregolari, i pittori che espongono ai lati della strada i loro dipinti evocativi, i ristoranti che servono piatti tradizionali della cucina italiana (da non perdere la Milanesa a la napolitana) e i ballerini di tango che si esibiscono e si confondono con i visitatori conferiscono a Caminito quell’aria un po’ rétro che lo spoglia della sua artificiosità rendendolo, ancora oggi, unico nel suo genere.

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Ballerini di Tango

La Globetrotter

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6 pensieri su “La Boca e il Caminito, l’Italia a Buenos Aires

  1. Luca dice:

    Io rispetto a 12 anni fà, lo trovo molto cambiato il Barrio, ora è diventato una trappola per turisti, tutto troppo commerciale, in più hanno inserito la polizia ai quattro angoli proprio a sorvegliare la “biscia”, che tristezza

    • Diana dice:

      Sulla trappola per turisti sono d’accordo per te, ma personalmente credo che a volte siamo noi turisti ad alimentare i “cacciatori”… credo sia interessante confrontarsi sui posti a livello spaziale ma anche temporale! se hai voglia di raccontarmi com’era dodici anni fa…

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