Ci sono luoghi piacevoli da conoscere e altri che, pur non essendo piacevoli, abbiamo il dovere morale di conoscere. Uno di questi, che ho visitato durante la parentesi gialla, è il Binario 21 di Milano: un Viaggio nella Memoria dell’Umanità in ricordo delle Vittime della Shoah.

Il tema della memoria – la cui funzione è ricordare, ma anche insegnare a vivere il presente in maniera diversa – mi affascina da sempre: non a caso ci ho scritto la tesi di laurea concentrandomi sulla tragedia dei desaparecidos argentini che secondo gli storici ha un solo termine di paragone. L’Olocausto.

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Il Binario 21 di Milano – memoriale dedicato alle vittime dell’Olocausto in Italia – è stato realizzato dallo Studio di Architetti Morpungo de Curtis seguendo un modello di ristrutturazione conservativa per riportare il luogo alla sua forma originale ed è stato inaugurato il 27 gennaio 2013.

Ma facciamo un passo indietro, alle origini del Binario 21.

La Stazione Centrale di Milano

Nel 1912 l’architetto Ulisse Stacchini, noto per aver dato l’impronta liberty alla città, si aggiudica il bando per la realizzazione della nuova stazione di Milano destinata a diventare lo snodo nevralgico dei contatti tra il Regno d’Italia e il resto d’Europa, sia in entrata sia in uscita.

Il progetto di Stacchini – che si contraddistingue per le forme semplificate, l’assenza dei cromatismi tipici dell’Art Nouveau e le decorazioni geometriche di ispirazione egizio-babilonese – ha una gestazione lunga che si protrae per quasi vent’anni. La sua carta vincente è l’aver creato due stazioni nello stesso luogo: l’area sopraelevata, destinata al trasporto di persone, e quella al piano di sotto, adibita al commercio e il trasporto di merci, sconosciuta ai più.

Questo il contesto in cui si inserisce il Binario 21 di Milano da cui, tra il 1943 e il 1945, partirono una ventina di convogli carichi di deportati diretti ai campi di concentramento e ai campi di sterminio nazisti. Su uno di questi, nel 1944, si trovava Liliana Segre, nominata senatrice a vita il 19 gennaio 2018 in occasione del settantesimo anniversario della promulgazione delle leggi razziali “per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale”. Dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni deportati ad Auschwitz, ci furono solo 25 sopravvissuti, tra cui appunto la Segre.

Viaggio al Binario 21 di Milano

In un luogo silenzioso e vuoto come il Binario 21 di Milano, l’architettura svolge un ruolo fondamentale: a lei il compito di parlare con i visitatori attraverso le istallazioni all’interno che si fanno linguaggio, senza alterarne la struttura.

La prima che incontriamo, nell’atrio dell’ingresso, è il lungo muro lacerato al centro su cui è incisa la scritta Indifferenza, termine ampiamente utilizzato da Liliana Sègre nelle sue testimonianze.

alt="Muro dell'Indifferenza, Binario 21 di Milano"
Muro dell’Indifferenza

C’è poi l’Osservatorio, un tentativo di raccontare cosa devono aver provato ebrei e perseguitati politici portati qui dal carcere di San Vittore.

Ci sono i vagoni originali dell’epoca – donati dalle Ferrovie dello Stato e ristrutturati – su cui a suon di calci e pugni venivano caricati i deportati. In uno spazio normalmente adibito al trasporto di 8 cavalli, si stipavano una sull’altra tra le 60 e le 80 persone che per giorni avrebbero viaggiato in condizioni disumane.

alt="Vagoni adibiti al trasporto di persone, Binario 21 di Milano"
Vagoni deputati al trasporto di ebrei e perseguitati politici

Si arriva poi al carrello traslatore e all’ascensore monta-vagoni, innovazione tecnologica dell’epoca: in questo modo i vagoni carichi di gente venivano portati al piano superiore, appena fuori dall’enorme tettoia della stazione, su un binario di manovra situato tra i binari 18 e 19. Una volta formato il convoglio, si partiva verso la destinazione ignota: per gli ebrei era il campo di sterminio di Auschwitz, per i deportati politici i campi di concentramento di Mathausen (Austria), Fossoli (Italia) e Bergen-Belsen (Germania).

alt="Carrello traslatore e ascensore montavagoni della stazione centrale di Milano"
Vietato il trasporto di persone

C’è quindi il Muro dei Nomi, istallazione che risponde al Muro dell’Indifferenza ricordando che dietro ai numeri ci sono degli esseri umani. Sul muro sono riportati i nomi delle 774 persone deportate nei primi due convogli diretti ad Auschwitz: non essendo noti tutti i nomi di coloro che partirono successivamente, si è scelto di ometterli, limitandosi ai primi due. In bianco quelli delle vittime, in arancione quelli dei sopravvissuti (27!) che si alternano, a rotazione, per restituire dignità a tutti.

alt="Il Muro dei Nomi, Binario 21 di Milano"
Muro dei Nomi

Il viaggio nella memoria si conclude in un luogo volutamente opprimente e oscuro, con un’unica barra illuminata rivolta verso Gerusalemme: il Luogo di Riflessione in cui raccogliere emozioni, pensare, pregare e piangere. Perché, come ho detto all’inizio dell’articolo, il Memoriale non si limita a ricordare la storia. Il Memoriale spinge a riflettere sulla contemporaneità del male, oltre che sulla sua banalità, lasciando la traccia su cui lavorare alla ricerca della differenza, non dell’indifferenza.

L’indifferenza racchiude la chiave per comprendere la ragione del male, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore. L’indifferente è complice. Complice dei misfatti peggiori.

Liliana Segre

La Globetrotter

Io credo sia difficile tornare indifferenti da un viaggio nella memoria. Sono viaggi dolorosi che ci mettono dinanzi alla crudeltà e la miseria umana, di cui facciamo parte, ma sono anche l’unico modo per reagire all’indifferenza.

Tu cosa ne pensi? Hai visitato il Binario 21 (o altri Memoriali, in giro per il mondo)? Come ti sei sentito? Ti aspetto nei commenti

Per informazioni relative alla visita del Binario 21, consulta il sito ufficiale.

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6 pensieri su “Binario 21: Viaggio nella Memoria della Shoah

  1. Marco dice:

    Ciao Diana
    Come sempre hai descritto alla perfezione la tua esperienza.
    Questa volta leggendo ho avuto la sensazione si essere li al binario 21 pur non essendoci mai stato.
    Non riesco ad immaginare cosa abbiamo potuto provare le persone che salivano su qui vagoni ,,,
    Io ho visitato Auschwitz qualche anno fa.
    Il senso di vuoto mi ha circondato durante la visita e la mia sensazione era quella di non riuscire a ragionare.
    Il cervello mi si è spento …… anche adesso leggendo il tuo articolo ho percepito la stessa sensazione.
    Ciao Diana

    • Diana Facile dice:

      Sono luoghi terribili. Io avevo visitato anche il Memoriale e i campi di sterminio in Cambogia. Un’esperienza straziante! Il male è talmente banale che è sempre in agguato…

  2. Anna (polianna) dice:

    Ho visitato la Risiera di San Sabba e Basovizza a Milano andrò a vedere Binario 21 quando riapriranno di nuovo i “confini” chiusi per il covid

  3. Nicoletta Bigiani dice:

    Ciao, io psicologicamente non vivo bene i luoghi della memoria dedicati alla shoah, inspiegabilmente mi sento come responsabile pur essendo nata ben oltre l’epoca di quegli orrendi eccidi. Ricordo la visita al quartiere ebraico di Praga; entrata nella sinagoga, alla vista di tutti i nomi e cognomi in rosso e nero, testimonianza dei deportati della città mai tornati dai campi di concentramento, sono stata sopraffatta dall’angoscia. Ricordo di essermi trovata seduta a terra appoggiata al muro singhiozzante col povero rabbino che tentava invano di consolarmi, hanno dovuto accompagnarmi fuori.
    Non credo ce la farò mai a visitare i campi di sterminio.

    • Diana Facile dice:

      Ciao Nico, psicologicamente non li vivo bene nemmeno io (e credo pochi di noi) così come neanch’io ho mai visitato un campo di sterminio nazista (ma si quelli cambogiani ed è stato un dolore di dimensioni epiche per cui ti capisco). Sono stata anche al Memoriale del genocidio in Rwanda, altro colpo al cuore! L’obiettivo di questi luoghi credo sia proprio questo, farci sentire il peso di una responsabilità che non ci appartiene personalmente, ma appartiene all’umanità e quindi anche a noi. Perché nonostante l’orrore vissuto, la storia dimostra che abbiamo imparato poco e nulla, purtroppo. Un abbraccione

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